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SI PUÓ RIDERE DI TUTTO? INTERVISTA A PINO STRABIOLI, SAVERIO RAIMONDO, DANIELE FABBRI E PIERLUCA MARITI
Si sono raccontati a Goa Magazine i quattro comici protagonisti di “Diss-pencer”, evento firma della sesta edizione del Comicity Festival in programma giovedì 11 luglio in Piazza delle Feste al Porto Antico
di Alessia Spinola
GENOVA – Si può ridere di tutto? La comicità e il politicamente corretto possono andare di pari passo? Ce lo dicono Pino Strabioli, Saverio Raimondo, Daniele Fabbri e Pierluca Mariti, protagonisti di “Diss-pencer“, talk-spettacolo evento firma della sesta edizione del Comicity Festival, in collaborazione con Cap 10100 di Torino, che avrà luogo giovedì 11 luglio in Piazza delle Feste al Porto Antico. Una serata districata tra sketch comici, filmati e discorsi in libertà, nell’intento di capire cosa è lecito in comicità e cosa no.
A pochi giorni dall’evento, Goa Magazine ha intervistato i quattro comici protagonisti, dando vita a una riflessione sui limiti nella comicità e sul labile confine tra umorismo e offesa da cui è emerso anche un omaggio a Paolo Villaggio. Ma non solo: Pierluca Mariti ci ha anticipato che tornerà a Genova il 14 gennaio al Politeama Genovese con il suo spettacolo “Grazie per la domanda”, di cui a giorni saranno disponibili i biglietti.
Oggi si può ridere di tutto?
PS: Qualcuno ci consiglia di non ridere di tutto, ma secondo me quando la risata passa attraverso un’intelligenza lo si può fare, anzi, la storia ci insegna che la risata arricchisce, fa bene ed è fondamentale. Per cui si, si può ridere di tutto.
SR: Potrei rispondere di si come di no, il punto è che non è oggi, ma: si può ridere di tutto anche se sapiamo che chi ride di tutto può urtare la sensibilità di altre persone? Questa però non è una novità di oggi, è sempre stato così, cambiano solo i motivi per cui le persone si offendono e gli argomenti tabù. È sempre stato lavoro del comico quello di provocare anche i tabù e di far ridere di cose su cui in teoria non si può fare.
DF: Si, a patto di sapere come e quando farlo, perché non è sempre la maniera opportuna per comunicare con le persone, però una volta che si stabilisce un contesto ideale in cui poterlo fare è sempre non solo opportuno, ma consigliato.
PM: Secondo me si può sempre ridere di tutto, tra l’altro il riso è una cosa spontanea, non controlliamo cosa ci fa ridere o no, come quando ridiamo per chi scivola su una buccia di banana, per fare un esempio. Non ci sono regole, anche se tendiamo a pensare che ci siano.
La comicità e il politicamente corretto possono andare di pari passo o sono due strade che non si possono incontrare?
PS: Non si possono assolutamente incontrare. Bisogna essere corretti ed un atto politico nella vita: nel momento in cui si ha rispetto degli altri e si ha un pensiero lucido ci si può permettere anche di non essere politacemente corretti.
SR: Sono due strade assolutamente parallele che trovo divertente che siano affiancate l’una all’altra. Per quanto mi riguarda, più tabù ci sono, più mi diverto.
DF: Secondo me sono strade che si possono incontrare, purché si mettano d’accordo tra le parti, nel senso che il politicamente corretto ha senso in un contesto di convivenza civica, ma non si può applicare all’arte, così come le regole dell’arte non si possono applicare alla convivenza civica.
PM: “Politicamente corretto” è un termine che non amo, quando ha iniziato a diffondersi nasceva negli ambienti più conservatori e poi è stato deformato nella conversazione collettiva ed è diventato un po’ quella normatività del “questo ci rende persone buone, questo persone cattive”. Secondo me la comicità segue la prima e unica regola: saper far ridere, se qualcuno non lo sa fare manca l’obiettivo primo della comicità. Io non penso al politicamente corretto quando scrivo una battuta, ma mi donando chi la sentirà e qual è la sua sensibilità, e non è “tutti”, ma il mio pubblico. È quindi più una questione di essere in connessione con il proprio pubblico che di politicamente corretto.
Quanto influisce nella carriera di un comico avere argomenti tabù?
PS: Secondo me essere riconosciuto come un comico ti da il permesso di trasgredire, per cui il comico non deve prendere il considerazione la legge del politicamente corretto e deve sentirsi libero, perché se censuriamo anche la comicità andiamo verso la noia.
SR: È stimolante, è come avere degli ostacoli da superare, non li sento come un limite.
DF: Sulla carriera può avere delle conseguenze sia positive che negative, dipende da come si affrontano. Il fatto è che per l’essere umano affrontare i tabù della propria società è sempre stata una cosa molto importante da fare per la crescita della cultura e della popolazione, il legame tra tabù e progresso è sempre molto stretto, quindi abbattere i propri tabù significa mandare avanti la società e la comicità è lo strumento migliore per farlo.
PM: Quando un comico riesce a maneggiare argomenti che normalmente sono guardati con timore ha un’arma molto forte dalla sua parte, perché tutti ridono ma non tutti sanno fare ridere.
Cosa ci si deve aspettare dallo spettacolo?
PS: Io mi aspetto di divertirmi perché le persone che saranno sul palco con me le conosco e mi fanno ridere, rappresentano quel tipo di comicità che è filtrata da un pensiero e da menti intelligenti, per cui il pubblico si deve aspettare una conversazione libera e non politicamente corretta. Si andrà poi molto verso l’improvvisazione, cosa fondamentale nella comicità.
SR: Un ragionare divertente proprio su questi argomenti, senza dividersi in tifoserie.
DF: Un momento della propria giornata in cui si sospendono un po’ le regole morali classiche della convivenza civile per cercare di esplorare terreni inesplorati della moralità pubblica.
PM: Sarà una chiaccherata con altri comici di cui ho grande stima e che a modo loro amano maneggiare argomenti spinosi e sarà divertente capire i diversi punti di vista. Il politicamente corretto è visto più come un limite da chi lo vuole vedere come tale che da chi poi lo sperimenta veramente.
Pensa che il pubblico genovese sia pronto a ridere di tutto?
PS: Io conosco la storia di Genova e ci ho recitato una volta con Paolo Poli, un non politicamente corretto da sempre che considero mio maestro e che vorrei tenere al centro di questa mia partecipazione. Ho lavorato anche con Paolo Villaggio e lui mi faceva ridere di tutto, perciò si, Genova è pronta e abituata.
SR: Il pubblico genovese ha dato i natali al più grande comico che abbia mai avuto l’Italia, Paolo Villaggio, una persona che non si limitava nel ridere di nulla, è stato uno dei nostri comici più provocatori e controversi, quindi penso che se una città come Genova ha dato i natali a Paolo Villaggio evidentemente nel suo DNA c’è un umorismo sofisticato.
DF: Io sono stato a Genova più volte a fare spettacolo e ho sempre trovato il pubblico genovese molto disponibile e pertecipe, ho capito semplicemente che basta fare amicizia con le persone prima di portarle in luoghi inesplorati delle loro mente e fargli attraversare i tabù.
PM: Quando ho fatto uno spettacolo a Genova ho trovato un pubblico estremamente ironico e autoironico. L’autoironia è la prima arma per sapere ridere di tutto, se uno non si prende troppo sul serio poi capisce che non ci sono argomenti che vanno sacralizzati, quindi secondo me sarà un pubblico ben disposto e pronto.
Su Redazione
Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiUltime Notizie
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