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SANREMO 2017, LE PAGELLE AL VETRIOLO DELLE COVER E NON SOLO

SANREMO LIVE 2017
SANREMO (IM): durante la serata dedicata alle cover e non solo, le pagelle al vetriolo non si sono sprecate. Interpretazioni, giovani ed eliminazione diretta di due giovani. Ecco di seguito i commenti per ogni artista e ospite intervenuto durante la serata.
CHI SALE
CONTI-DE FILIPPI: finalmente in coppia. Dopo due serate di spostamento di equilibri e riassestamento di posizioni, diventano un binomio rodato e vincente. Così fanno squadra. E vincono.
ALESSANDRO GASSMANN E MARCO GIALLINI: alti e stilosi, parlano di pro social e contro social mentre la platea femminile si spreca in foto e video. La classe non è mai stata acqua.
LP: quel metrosexual che tira e che vince, tra l’altro. Personale, talentuosa, fortissima. Un vero pezzo da novanta che non ha nessun timore a dimostrarlo. Internazionale.
MALDESTRO: pezzo orecchiabile per un look tra De Gregori e Mr E degli Eels. Cammina e respira. Molto liscia, senza infamia e senza lode ma la stiamo già canticchiando. Immaginarsi dopo la finale…
LELE: ci si lancia in un R&B patinato, data la vocalità. Preciso, un prodotto perfetto. Vediamo già al coda delle ragazzine urlanti fuori da qualche libreria per farsi fare l’autografo.
ERMAL META: difficile Modugno, forse al limite dell’impossibilità. Se la cava, anzi se la cava eccome. Vocalmente molto preparato. Peccato quella voglia di strafare con il centrotavola della prozia riciclato a spilla.
FIORELLA MANNOIA: la Signora Rossa della Musica Italiana in una delle poesie musicali più belle di questo secolo. Perfetta. E basta così che dobbiamo asciugarci le lacrime. Grazie, Fiorella
PAOLA TURCI: il nude look ripetuto di Paola Turci piace, assai. Lei lo sa portare, come sa portare un pezzo dalle sonorità mai così distanti dalle sue. Lo aveva promesso: mi farò imprestare una canzone di Anna Oxa e la farò mia. Ci riesce, senza nascondere, davvero più nulla.
MARCO MASINI: pezzo letteralmente impossibile. Nella memoria di Giorgio Faletti, nel testo crudo e nella scomodo fardello che il povero Masini si porta da sempre (ingiustamente) dietro. Eppure, complice la voglia di rivincita e l’eccellenza dell’Orchestra di Sanremo, vince. Arrangiamento stellare.
FRANCESCO GABBANI: vocalità particolare e senza dubbio più convincente nei panni di Celentano che in quelli del karma. Arrangiamento incalzante e moderno. Bisogna lanciare un appello affinchè si fidanzi con una fashion stylist. Al più presto.
MICHELE BRAVI: ha stile, si distingue. Complice una vocalità unica e un’attitudine aliena, Michele colpisce dritto al centro. Arrangiamento moderno, di nuovo… Bravo, Bravi!
BIANCA ATZEI: bella è molto bella, l’abito di Antonio Marras è un capolavoro. La canzone è un trito e ritrito dell’italianità in melodia e orecchiabilità. Senza infamia e senza lode, se la cava.
CLEMENTINO: oggi ha lasciato la sala stampa senza fiato. Ha ballato, cantato ( a cappella) la cover che avrebbe tanto voluto presentare, ovvero Svalutation di Celentano. Bravo, un vero e proprio showman. E poi ha recitato Cyrano, ha coinvolto tutti. Insomma si è aggiudicato con merito un pollice alto a prescindere.
CHI SCENDE
NESLI E ALICE PABA: spocchiosa lei in conferenza stampa mentre lui cerca conferma dal suo pubblico. Va bene rispettare il lavoro altrui ma qui mancano proprio le basi: contenuto np, vocalità senza personalità, stonature diffuse, banalità melodica. Insomma, rispettare il buon lavoro è cosa buona e giusta e rispettare il giudizio di chi deve promuovere un qualcosa che in realtà non gira proprio è legge.
GIUSY FERRERI: emozionata? Terribilmente sbagliata. Non la ingrana, ingrossa la voce a sproposito, rende, se possibile, ancora più volgare un pezzo che in realtà sarebbe orecchiabile e sicuramente radiofonico.
RAIGE E GIULIA LUZI: nude look per Giulia e ragazzi del muretto style per Raige. I commenti sulla scollatura della cantante si sprecano, così da far capire quanto abbia bucato il pezzo. Perché è proprio la sostanza che manca.
RON: sottotono rispetto alla prima serata, forse stanco di rincorrere le nuove talent-uose proposte. Stiloso nella scelta dell’occhiale in tinta con la famosa chioma.
FABRIZIO MORO: dedicata al figlio (e quindi già nel cuore nazionalpopolare a prescindere) ma non rispetta la dolcezza e l’intimità del brano. Spinge, graffia e urla dove, fino a prova contraria, si sta cullando il ricordo e la forza di un figlio piccolo. Toppata alla grande. Imperdonabile.
SAMUEL: impone sul palco una fetta consistente della musica underground degli anni ’90. Un pezzo d’impatto che non va equivocato, tanto meno indebolito nella passione e nel “pugno nella pancia” che deve provocare. Tutti fattori assolutamente non pervenuti questa sera.
MICHELE ZARRILLO: si mettono in gioco, questi Big. Certo è che un pezzo costruito su Miguel Bosè che è a dieci galassie e mezzo dalla vocalità veloce di Zarrillo… Certo che Michele Zarrillo è abituato ad aperture che lo valorizzino. E l’arrangiamento ne risente. Piatta, non emozionante. Poi, improvvisamente urlata. Gran peccato.
ALESSIO BERNABEI: dopo la brutta figura fatta in sala stampa, trascina un Bennato (difficile) in un universo di paillettes (abito che non si può guardare) e artificiosità. La stessa che ha creato il personaggio Bernabei e che può brillare, con le luci giuste ma mai di luce propria. Niente a che vedere con la musica.
AL BANO: che il grande leone di Cellino San Marco abbia un affaticamento (nella migliore delle ipotesi) vocale sembra ormai cosa certa. Porta a casa il compitino ma non è il solito ruggito che corre incontro al sole.
SIGNORINE DELON E BELMONDO: figlia e nipote di due icone senza tempo. Prima di chiederci esattamente cosa stiano a fare sul palco del Festival, ci pensa il manico di Carlo Conti a chiarire che i rapporti dei rispettivi familiari (famosi) con l’Italia erano strettissimi e de core. Altro punto catalizzatore, l’eterocromia degli occhi di Miss Delon. Saluti e sipario.
VALERIA FARINACCI: bambolina un po’ insipida, forse molto giovane, non valorizzata dal brano nella vocalità. Storia di un amore bambino, come lei. Tante belle speranze, la cosa che resta a mente è l’abito. Azzeccato ma non basta.
TOMMASO PINI: emblema del metrosexual canoro, la mente ritorna a un Mika (super ospite della serata) dei primi tempi. Anche un po’ Scissor Sisters. Insomma, niente di nuovo. Le liriche sono figlie dei nostri tempi. Paragnosta quasi quanto Gabbani.
MIKA: un big e si vede. Passi la non impeccabile esecuzione del tributo a George Michael ma la presenza e lo stravolgimento del palco sono proprio corde sue, anzi: casa sua.
CHI SI FERMA
PICCOLO CORO DELL’ANTONIANO: torniamo bambini. Esatto: con l’ansia (non quella di Pini, poerello) di vedere questi bambini obbligati nel sorriso mentre cantano, con un’emiparesi tra collo e guance. Nota aggiuntiva se possibile più dolente, lo sguardo terrorizzante della direttrice del coro. Mentre pensiamo di rivolere Mariele Ventre, ci stiamo mettendo in fila, braccia dietro al schiena e cominciamo a sorridere e dondolare. Vi prego ditegli che sono stati bravi che sennò scoppia un casino
MARIA POLLACI: 92 anni portati con stile ed eleganza, con più di 7000 bambini nati sulle spalle. in un momento storico in cui le nascite praticamente a zero stanno diventando un problema demografico quanto economico, la signora porta l’esempio degli esempi. che per invogliare i giovani a fare figli e guardare con fiducia il futuro ci vuole una quasi centenaria. Altra parabola tutta italiana.
LUCA E PAOLO: devono esagerare subito. Qualche battuta la infilano ma sembrano un po’ too much ogni qual volta tocchino suolo Rai. Fanno una rassegna stampa delle polemiche del Festival, roba nuova, insomma. Interviene Maria De Filippi che li accompagna con le loro paure: e poi vanno via. Kessisoglu tiene su un Bizzarri forse un po’ troppo fuori dalle righe.
LODOVICA COMELLO: direttamente da Violetta, un karaoke della grande, immensa e inarrivabile Mina. Questa sera ancora di più. Mina forse non balla bene, lei se la cava. Per il resto, è riuscita ad appiattire le montagne russe, mica da tutti.
ELODIE: senza dubbio affascinante, la ragazza. La più particolare in gara, esteticamente una bomba (vestito con applicazioni a parte), vocalmente molto personale. Difficile da donna cantare Cocciante: a tratti involgarisce ma tutto sta nella giovinezza di un’artista che può avere una strada davanti ben definita.
SERGIO SYLVESTRE: che a Sergio basti emettere qualsiasi suono per essere già a pollice alto è vero; che un pezzo black gli stia addosso come le giacchette che gli fanno indossare, idem; che balli e faccia il giusto casino da palco anche. Con tutta la crew appresso, ovviamente piace tantissimo. Però sbaglia clamorosamente sul finale e ci verrebbe da chiedere all’Orchestra se i problemi di audio riscontrati negli ultimi giorni si siano ripetuti o si tratti proprio di emozione. (confermano problemi tecnici)
WINNER IS
Un podio equilibrato quanto meritato per quanto riguarda le cover: per un toccante Marco Masini, al terzo posto, con Signor Tenente di Giorgio Faletti, arriva la potenza di Paola Turci e della “sua” Un’emozione da poco che fu di Anna Oxa. Si impone al primo posto un sorprendente Ermal Meta nei panni di Modugno per Ama terra mia. Meritatissimo.
FINE DEI GIOCHI
Escono di scena definitvamente Nesli e Alice Paba insieme a Raige e Giulia Luzi. Le coppie non hanno fortuna in questo Festival; rientrano in gara, dunque, Clementino, Giusy Ferreri, Ron e Bianca Atzei.

Su Redazione
Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiMessaggi correlati
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