ROCCO PAPALEO: «IN PEACHUM RITROVO IL MIO AMORE PER IL TEATRO»

L’attore nato a Lauria presenta lo spettacolo in scena da domani 17 novembre al Teatro Ivo Chiesa. «Sperimento Brecht e ritorno alle origini»
GENOVA – Certe storie sembrano già scritte. Questione di empatia, feeling, complicità. Come quella tra Rocco Papaleo e il palcoscenico, un binomio indissolubile, una vocazione conscia, come lui stesso l’ha definita. Attore di cinema, presentatore, cabarettista, musicista, Papaleo è un artista versatile capace di intrattenere il pubblico talvolta con ironia pungente altre con interpretazioni più drammatiche. Proprio come nel Peachum – Un’Opera da tre soldi di Fausto Paravidino, in scena da domani 17 novembre fino a domenica 21 novembre al Teatro Ivo Chiesa per il Teatro Nazionale di Genova. Una sorta di ritorno alle origini, al primo amore, al teatro appunto. <<Nella vita ho fatto di tutto – ha recentemente raccontato in un’intervista a all’Adige -. Cinema e televisione, intrattenimento ma la mia vera formazione è stata il teatro. Nei primi anni Ottanta era visto con sospetto dai cinematografari perché la recitazione era più plateale. C’erano teatri da 50, massimo 100 posti dove la recitazione non permetteva di alzare troppo la voce. Erano i tempi in cui esplosero Fabrizio Bentivoglio e Sergio Rubini. E anche io ebbi le mie occasioni».
Papaleo entra tardi nel mondo della recitazione rispetto ad altri della sua età: «Ci sono entrato nel modo più banale possibile, facendo un provino – racconta l’attore originario della Basilicata -. Ho fatto di tutto. Mi piace sottolineare che ho fatto recitazione in scuole non titolatissime ma efficaci che mi hanno dato gli strumenti per una mia ricerca, che ogni artista ritengo debba fare. Cercando sempre qualcosa di nuovo».
Il salto indietro nel passato Papaleo lo fa con un riadattamento di un capolavoro di Brecht, Peachum, in cui interpreta un antieroe, il re dei mendicanti. «Si tratta di una riscrittura, liberamente ispirata All’Opera da Tre Soldi – spiega il protagonista -. Qui non siamo negli anni 20 non come nell’originale. La messa in scena di Paravidino è diversa, è anche uno spettacolo musicale ma non cantato, anche se poi il concetto di canzone è molto più ampio. Io dico sempre questa cosa: che quando canto recito e quando recito canto. Essere veri è condizione necessaria ma non sufficiente quando si recita».
Il mercante di poveri interpretato da Papaleo parte alla sua ricerca, iniziando un viaggio popolato da delinquenti e derelitti che conduce il pubblico dentro le più bieche miserie morali e materiali dell’essere umano.
Proprio come il capolavoro nato dal sodalizio fra Bertolt Brecht e Kurt Weill, lo spettacolo tocca anche altri temi universali: le complicate dinamiche del rapporto padre figlia, il valore dell’amicizia, la decadenza di una società abitata da esseri umani sempre più individualisti, meschini e corruttibili. Una società non così dissimile da quella attuale secondo Fausto Paravidino che motiva così la sua scelta: «Nell’Opera da tre soldi c’è qualcosa che è invecchiato bene e qualcosa che non è invecchiato per niente e Peachum è una figura del nostro tempo più ancora che del tempo di Brecht. Dipende dal denaro senza neanche esserne appassionato. Non è avido. Non ambisce a governare il denaro, è governato dal denaro».
PEACHUM Un’opera da tre soldi va in scena al Teatro Ivo Chiesa da mercoledì 17 a domenica 21 novembre. Mercoledì e venerdì inizia alle 20.30, giovedì e sabato alle 19.30, domenica alle 16.
Per assistere allo spettacolo è necessario essere muniti di Green Pass.

Su Tomaso Torre
Giornalista pubblicista dal 2003, è fondatore e direttore responsabile di GOA Magazine. Appassionato di arte, cultura e spettacoli ha collaborato per anni con diverse testate locali occupandosi di cronaca ed attualità, sport e tempo libero. “Ho sempre coltivato il sogno di realizzare un prodotto editoriale dinamico e fluido che potesse rispondere alle esigenze informative di un pubblico sempre più competente ed avanguardista”.Ultime Notizie
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