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L’ORESTEA DI ESCHILO CON LIVERMORE SI TRASFORMA IN TRAGEDIA CONTEMPORANEA. LA RECENSIONE
Di Elisa Morando
GENOVA – «È legge antica che gocce di sangue versate per terra, altre gocce di sangue richiamano» tuonano le Coefore, le portatrici di libagioni funerarie che accompagnano Elettra alla tomba del padre Agamennone. È attorno a questa spietata legge antica che la tragedia di Eschilo ruota. Un padre che si macchia le mani del sangue della figlia, una moglie che grida vendetta per la figlia uccidendo il marito, un figlio che non accetta questa vendetta e che, in nome della giustizia, provoca morte a sua madre. Una spirale inarrestabile di giustizia privata, un regolamento dei conti che aggiunge a un delitto un altro delitto. E un tribunale, umano e divino, pronto a decretare cosa sia giusto e cosa no. Questo è l’Orestea.
La trilogia eschilea viene portata in scena da Davide Livermore, sul palco del Teatro Nazionale di Genova in forma completa domenica 19 e sabato 25 marzo – oppure suddivisa nelle due parti, Agamennone dal 14 al 19 marzo e Coefore/Eumenidi dal 21 al 25. Una regia che vuole stupire, amplificare, spettacolarizzare il dramma. A partire dall’enorme sfera di 50 metri quadri di ledwall, che cambia colore e alterna soggetti a seconda della scena: fiumi di sangue, onde marine, palle infuocate, voli di corvi. Un’enfatizzazione visiva accompagnata da un’amplificazione sonora, composta dalle musiche originali di Mario Conte – eseguite dagli strumenti Diego Mingolla e Stafania Visalli presenti in scena – e dal riverbero elettronico che sottolinea ogni gesto degli attori. E da un invidiabile cast, molto simile a quello della Maria Stuarda, composto da Sax Nicosia, Laura Marinoni, Giuseppe, Sartori, Gaia Aprea, Olivia Manescalchi, Stefano Santospago, Anna Della Rosa, Giancarlo Judica Cordiglia, Linda Gennari e Maria Grazia Solano
Protagonista indiscussa della prima tragedia Agamennone è Laura Marinoni, a cui sembra cucito addosso il ruolo di Clitemnestra, la «leonessa su due zampe» che, resa cieca dalla vendetta, è pronta a qualsiasi cosa pur di vendicare la morte della sua primogenita Ifigenia. In questa versione è lei stessa, in uno sgargiante vestito rosso, a sgozzare con una spada il marito Agamennone (Sax Nicosia), dopo averlo accolto in casa – nel testo originale a compiere l’atto d’uccisione è il suo complice e amante Egisto, per altro cugino di Agamennone. A fare da intermediario tra vicenda e pubblico è il coro, guidato da Gaia Aprea, che durante tutto il corso degli eventi non smette mai di interrogarsi e fare domande ai protagonisti. Ed è presente anche un’inquietante assenza: lo spettro di Ifigenia, che viaggia nel tempo emotivo delle anime, entra in scena sulle note di Bach e continua a correre in un ciclo infinito, tra voci dissonanti e stridori. L’unica che riesce a vedere la fanciulla e sentirne le grida di dolore è Cassandra (impeccabile Linda Gennari), la veggente concubina di Agamennone, la quale però è destinata a non essere creduta per l’eternità e a morire, sempre per mano di Clitemnestra. Con due delitti e il nuovo potere di Clitemnestra ed Egisto, si chiude la prima tragedia della trilogia Orestea.
A questo punto il pubblico viene fatto uscire dalla sala per il cambio di scena e rientrare, dopo circa 45 minuti di pausa, per il secondo e terzo capitolo del dramma eschileo.
A riaccogliere il pubblico in sala per le Coefore è uno scenario innevato. Entra in scena un corteo funebre, diretto alla tomba di Agamennone, composto da Elettra (Anna Della Rosa) e dalle Coefore, vestite di piume nere. Dietro di loro il ledwall mostra un grande sole ghiacciato, da cui emergerà in seguito il fantasma di Agamennone. È proprio davanti alla tomba del padre che si rincontrano dopo dieci anni Elettra e Oreste (Giuseppe Sartori), sorella e fratello, che dopo essersi riconosciuti ascoltano la voce paterna e organizzano a loro volta un’altra vendetta. Commoventi le parole con cui la giovane accoglie Oreste, ricordandogli che lui è per lei allo stesso tempo padre, madre, sorella e fratello.
Oreste si presenta con bretelle e pistola. L’ambientazione, con auto e telefoni d’epoca, è riconoscibilmente anni Quaranta. A confermarlo è anche l’abito con cui Clitemnestra rientrerà in scena, per l’ultima volta: uno scintillante vestito di paillettes argentate, che farà pendant con le vesti dorate delle sue cagne furenti, le Erinni. Oreste ucciderà con un colpo di pistola Egisto e con un veleno la madre, dopo che lei lo avrà supplicato di risparmiarla, mostrandogli il seno con cui lo aveva allattato. E per questo verrà perseguitato, fino al tempio di Apollo a Delfi e poi fino all’Aeropago, proprio dalle Erinni.
Magistrale l’interpretazione di Maria Laila Fernandez, Marcello Gravina e Turi Moricca nel ruolo delle Erinni che, roteando con i loro abiti dorati attorno al protagonista, diventano voce ossessiva della sua coscienza, spesso distorta da autotune. Il delitto che rende Oreste matricida mette per la prima volta in discussione questi spiriti della vendetta di sangue, dato che per l’occasione viene istituito il primo tribunale della storia, l’Aeropago. Da una parte l’accusa, le Erinni, dall’altra l’avvocato di difesa, Apollo. E sopra a tutti, giudice assoluto, Pallade Atena. Dopo arringhe e preghiere, il giudice decreterà assolto l’assassino, ristabilendo una nuova idea di giustizia e un nuovo equilibrio tra colpa e responsabilità.
Nel finale di Eumenidi scorrono sul ledwall immagini degli scempi della democrazia di oggi. «A memoria dei casi in cui la giustizia non ce l’ha fatta, ci ricordano l’impossibilità di quest’ultima di essere realizzata fino in fondo» spiega in una nota il regista Livermore. A chiudere l’intero spettacolo è però un canto finale – elemento che ormai costituisce quasi una firma del regista – con cui si vuole trasmettere un inno di redenzione umana, «teso a sublimare la continua tensione dell’uomo verso un ideale altissimo e luminoso che distingue e nobilita l’essere umano: la Giustizia».
La trilogia di Eschilo, prodotta dal Teatro Nazionale di Genova in collaborazione con il Teatro di Siracusa e l’Istituto Nazionale di Dramma Antico, andrà in scena al Teatro Ivo Chiesa sia a “puntate” – l’Agamennone sarà dal 14 al 19 marzo, Coefore/Eumenidi dal 21 al 25 marzo – sia in una messinscena unica, che comprende tutte e tre le tragedie, il 19 e il 25 marzo dalle ore 16.
Per maggiori informazioni sugli spettacoli e sul convegno visitare il sito www.teatronazionalegenova.it.
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