MINISTRI, “LA FIDUCIA? UN CONCETTO RIVOLUZIONARIO”

Di il 21 Marzo 2018
Chiara Mirelli

La band, terminato l’instore tour, suonerà dal 5 aprile nei club delle principali città della penisola

 

GENOVA – Dodici anni fa, sulla copertina di “I Soldi sono finiti” i Ministri, band alternative rock milanese, misero una moneta da un euro (vera), per criticare a modo loro la crisi dell’industria discografica. Nel 2018, appena finito il tour per il decennale del loro album d’esordio, Federico Dragogna (chitarra, testi e cori), Davide “Divi” Autelitano (voce e basso) e Michele Esposito (batteria e percussioni) tornano sulla scena con “Fidatevi”, disco vulcanico presentato, lunedì 19 marzo, alla Feltrinelli di via Ceccardi.

 

Il 9 marzo è uscito “Fidatevi”, un album intimo e riflessivo, che guarda dentro. È un caso che esca dopo il tour per i dieci anni di “I Soldi sono finiti”?

Federico Dragogna: «Credo che riaffrontare quei pezzi ci abbia sicuramente fatto pensare. Ti guardi indietro e ti sembra che sia tutto incredibilmente “pensato”, quando non lo era affatto. È stato interessante riscoprire che fosse, anche quello, piuttosto introspettivo, nonostante alcune canzoni arrembanti. Abbiamo sempre affiancato il nostro animo e la nostra sensibilità a pezzi “spaccaossa”».

 

Michele Esposito: «La prima cosa di cui ci siamo accorti riproponendo “I soldi sono finiti” è che ci veniva meglio di dieci anni fa (ride, ndr). Finito il tour del decennale siamo subito partiti con “Fidatevi” e i primi 4-5 pezzi di quest’album ne risentono. Ci ha influenzato un po’ “al contrario”, portandoci a dar più spazio a voci e melodia».

 

L’intervista completa. Video di Giovanna Ghiglione

 

“Fidatevi” può suonare come un consiglio. In un disco in cui si parla di vulnerabilità, paure, errori e sconforto, di chi o di cosa bisogna fidarsi?

F: «Più che un disco di risposte è un disco di domande. Il “Fidatevi” riguarda il fidarsi l’un l’altro, ognuno di noi ha avuto le proprie storie o relazioni, con successi alterni. Se non suona come “Shiny happy people” è proprio per questo. È semplicemente un “fidatevi di qualcuno”, non è possibile rimanere chiusi in un sistema che dipende solo da te, e rinunciare a qualsiasi persona o aiuto. Questa è la nostra riflessione».

 

M: «Sì, è una sorta di percorso. Si parte da giovani con la voracità di mettersi alla prova e di essere indipendenti. Ciò è fondamentale per crearsi, ma prima o poi bisogna trasformarsi fidandosi di qualcosa o di qualcuno. In questi momenti di campagna elettorale fondata sulla paura, che a noi non piace per niente, la fiducia è un concetto rivoluzionario. Ovviamente, pesandola e non distribuirla a tutti, così potrebbe diventare stupido».

 

Qual è il pezzo che ha avuto una gestazione più lunga o travagliata?

I Ministri. Credit Chiara Mirelli

M: «“Memoria breve”?»

 

F: «Sì, direi di sì. “Memoria breve” aveva fin da subito una scrittura molto limpida, ma non eravamo molto decisi sull’arrangiamento. Viceversa, “Crateri” l’ho fatta sentire agli altri nell’anticamera dello studio, e in dieci minuti il pezzo era pronto. Poi lo abbiamo arrangiato in mille modi, ma la struttura era già definita».

 

M: «“Memoria breve” ci sembrava inizialmente troppo Seventies, volevamo dargli un po’ di “freschezza”, cambiando arrangiamento e renderla più fluida, meno manierista. Anche “Usami” ha avuto un bel percorso sul testo, ma tutto sommato è andata abbastanza “dritta”».

 

Avete definito più volte “Fidatevi” come l’album dei vostri trentacinque anni. Ma, quando avete fatto uscire il primo singolo, l’osservazione più comune che si poteva leggere è «sono tornati i primi Ministri». Come lo spiegate?

F: «Credo che il racconto costante su ogni band oscilli sempre tra questi due poli. Sono un po’ discorsi da bar, delle semplificazioni. In realtà, dodici anni fa non saremmo mai riusciti a eseguire un pezzo come “Fidatevi”. Probabilmente neanche a registrarlo, forse giusto con un post-editing incredibile, cosa che in questo disco non vi è ombra. Non avremmo mai fatto un pezzo così aggressivo, forse “I soldi sono finiti” era simile, ma con un ritornello più “punkettone”».

 

Il video di “Fidatevi”

 

Il singolo “Fidatevi” è stato molto apprezzato dall’ambiente “metal”.

F: «Esatto, una volta che abbiamo deciso di farlo uscire, ci siamo resi conto che il riff ricordava i Machine Head o gli Slayer. Il Metal è un ambiente che non è mai stato simpatico a nessuno in Italia, e quasi non si può parlare di queste influenze. “Fidatevi” ha una componente metal fortissima, ed è buffo che esca in un mondo in cui si parla di noi come di una band “indie”».

 

Nelle copertine dei vostri ultimi tre album (“Per un passato migliore” una pantera/tigre, per “Cultura Generale” un serpente) c’è un animale diverso. La copertina di “Fidatevi” è uno squalo. In che modo rappresenta l’album?

La copertina di “Fidatevi”

F: «Diciamo che volevamo una copertina che fungesse da ossimoro, da contrasto con il titolo. Sicuramente lo squalo può essere visto come contraddittorio di “Fidatevi”. Nelle interviste degli ultimi venti giorni abbiamo risposto quasi sempre con una versione differente. La verità è che non amiamo le nostre facce in copertina».

 

M: «In realtà ha contato tantissimo il primo impatto: appena abbiamo visto uno squalo in copertina abbiamo deciso che era quella giusta. Oltre alla contrapposizione sulla fiducia, suoniamo una musica che “spaventa” le persone in radio e in tv: allo stesso modo non vai ad accarezzare uno squalo. È un misto di tutto questo, e per me è una delle nostre più belle copertine».

 

Il video di “Tra le vite degli altri” è ambientato in Bulgaria. Perché girarlo lì e che valenza, estetica e simbolica, ha aggiunto al concept del pezzo?

F: «Ci siamo affidati ciecamente a Martina Pastori, la regista. Ci ha proposto, mentre parlavamo della canzone, un video in Bulgaria, una sorta di road trip con mille incognite. Nessuno aveva contatti lì, neanche lei. “Tra le vite degli altri” è una storia di orgoglio e fierezza, e non volevamo fare un video “playback”. Martina ha fatto un lavoro straordinario, è uno dei nostri video più riusciti».

 

M: «Anche qui c’è il concetto di fidarsi, in questo caso di una persona di cui avevamo visto e apprezzato, per estetica e concetto, i lavori. È stata bravissima».

 

F: «È stato bello raccontare qualcosa. I soliti video promozionali con “ragazza che corre” ci hanno stufato. Qui abbiamo mostrato pezzi di mondo di cui in Italia non si da niente: se uscissimo per strada, e chiedessimo alla gente cosa sa della Bulgaria, non sentiremo molte risposte».

 

La parte finale dei video è girato attorno a un monumento su una collina. Cos’è?

F: «È il Buzludzha, un monumento del Risorgimento Socialista Bulgaro che inseguivamo da anni, lo aveva scoperto Divi. Si riferisce a battaglie combattute su quelle montagne a fine Ottocento, ed è stato eretto nel 1981. Paradossalmente (dato che nessuno era mai stato in Bulgaria) lo abbiamo suggerito noi a Martina».

Il video di “Tra le vite degli altri”

 

 

 

Su Giulio Oglietti

Cresciuto tra la nebbia e le risaie del Monferrato, è a Genova dal 2013. Laureato in Informazione ed editoria, collabora con GOA da luglio 2017. Metodico e curioso, è determinato a diventare giornalista. ogliettig@libero.it

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