“L’invenzione senza futuro”, il cinema dei fratelli Lumière in chiave moderna

Di il 4 Aprile 2016

cinema2

Alessandra Arpi

Tutto inizia con un selfie: sul palco, con le luci in sala ancora accese, una giovane donna attende l’inizio di un film, smartphone alla mano. Il sonoro “clic” della fotocamera attira l’attenzione del pubblico. Buio.
Alle spalle della donna il rumore inconfondibile della manovella delle prime cineprese, azionata da due giovani fratelli Lumière molto emozionati. Parte il film e la donna, prima affascinata dalla visione, inizia a spaventarsi, si ritira sulla sedia e sviene.
È la prima proiezione dei Fratelli Lumière, quella dei treni in arrivo, una sera di dicembre del 1895, non esattamente un successo. “Questa è l’ultima volta che proiettiamo treni, Louis”, tuona Auguste.

È così che inizia lo spettacolo “L’invenzione senza futuro – viaggio nel cinema in 60 minuti” di e con Federico Giani, Celeste Gugliandolo, anche cantante de “I Moderni”, e Mauro Parrinello della Compagnia dei Demoni, andato in scena al Teatro della Tosse dal 31 marzo al 3 aprile. Le musiche originali di Giorgio Mirto, suonate al pianoforte da Francesco Villa, hanno dato alla scena un sapore ancora più romantico.
Un elogio al cinema ma anche alla tenacia, quello che si consuma sul palco insieme ai Fratelli Lumière che, cullati dalla voce dell’adorata madre (quella di Celeste Gugliandolo, in veste anche di Marie), non rinunciano a portare avanti il sogno di “cinefotografare la vita” sullo schermo, non senza qualche scoraggiamento. Tanto che la frase che dà nome al titolo ritorna più volte, ripetuta dai diversi personaggi: “È un’invenzione senza futuro”.

Lo spettacolo è un racconto che si dipana tra le peripezie di Louis e Auguste per portare avanti la propria invenzione, e i flashback narrativi incentrati sull’infanzia dei fratelli, ma anche sull’incontro, storico e romantico, tra Auguste e Marie alle fabbriche del padre. Dalle ombre cinesi proiettate con una candela sul muro della cameretta d’infanzia si passa alla proiezione vera e propria, passando per la danza di Marie, quella “del futuro”. Un misto di La febbre del sabato sera, Flashdance e Thriller di Micheal Jackson, al rallentatore e con movenze comiche e moderne.
La scena teatrale si mescola e si fonde con quella cinematografica: sulla scenografia nera viene proiettata una luce giallognola, le fattezze tipiche di una pellicola, gli attori si muovono a rallentatore, un po’ a scatti come nelle prime proiezioni, tanto da entrarvi dentro e mostrarci la scena comica del giardiniere con innaffiatoio, le scene romantiche dei coniugi Auguste e Marie, la corsa nei sacchi di Auguste.

La storia del cinema raccontata con le movenze del corpo ci riporta indietro di secoli, ma senza rinunciare a continue e brillanti citazioni del cinema moderno e contemporaneo: “Nessuno mette Marie in un angolo”, puntualizza Auguste a metà spettacolo. Da Flashdance a Bridget Jones, sul palco passano decenni e decenni di pellicole, formando un ipertesto in cui lo spettatore si riconosce e si immedesima.
La semplicità delle scene rappresentate riporta alle origini del cinema ma anche del teatro, facendo riflettere sulle innumerevoli evoluzioni che l’arte cinematografica ha visto nei decenni. Gli attori giostrano la recitazione tra il serio e il comico, senza perdere un colpo, in un susseguirsi narrativo che non cade mai nel banale.

«La collaborazione tra tutti noi, che ci ha unito anche nei momenti di crisi, è ciò che ci ha aiutato a dare vita a questo spettacolo – ha sottolineato Celeste Gugliandolo – non siamo drammaturghi, tutto quello che c’è lo abbiamo provato, e provato, e cercato, e trovato e continuiamo a cercarlo. È uno spettacolo che è davvero un’armonia, tra le nostre idee, la musica, le cose che ci piacciono e anche quelle che ci piacciono meno. Il fatto che non ci sia una vera e propria figura registica è la dimostrazione che, oltre ai registi, servono belle storie».

La fine dello spettacolo ritorna all’inizio: stavolta sulle poltroncine del cinema, oltre alla donna, ci sono anche i Fratelli Lumière, in un flashforward ai tempi moderni. Lei con popcorn e bibita, tutti e tre visibilmente emozionati. Titoli di coda, luce. La donna è commossa, la visione è stata quella di “Via col vento” rivistata. Asciugando le lacrime chiama al telefono il padre, raccontando del film. Esce. Louis e Auguste si ricompongono, ritornando subito nel personaggio.
“Il sonoro è terribile” “Anche il colore, è davvero l’invenzione senza futuro”, si rimbalzano i commenti i due fratelli.
Eppure, la commozione c’era. Così come l’orgoglio per la propria “creatura”.
Lo spettacolo mette in scena il destino di un’invenzione che avrebbe rivoluzionato il modo delle persone di raccontare e ascoltare storie e forse, in fondo, Louis e Auguste questo lo hanno sempre saputo.

Su Redazione

Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

Devi essere loggato per postare un commento Accedi

Lascia un commento