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“L’avaro” contemporaneo di Molière in scena con Ugo Dighero in una lotta tra soldi e felicità. La recensione
di Alessia Spinola
GENOVA – I soldi fanno la felicità? È intorno a questa domanda che ruota “L’avaro” di Molière, debuttato ieri sera, martedì 14 novembre, al Teatro Gustavo Modena e in scena fino al 26 novembre. Lo spettacolo ha visto protagonista il già apprezzatissimo Ugo Dighero nei panni di Arpagone, un uomo combattuto dalla costante lotta tra soldi e sentimenti. In scena con lui anche la moglie Mariangela Torres nell’interpretazione di due ruoli: Freccia, il servitore che ruba la cassetta di denaro ad Arpagone, e la domestica/mezzana Frosina.
Quello andato in scena è uno spettacolo pieno di dualismi: momenti di intensità alternati a momenti comici, soldi o amore, bene o male. Questi dualismi vengono rappresentati anche visivamente tramite i frequenti cambi di disposizione della scenografia e dall’alternanza di luci calde e fredde.
Arpagone è un uomo ossessionato dall’idea di non intaccare il proprio patrimonio, opponendosi dunque al consumismo attuale, ma fin dove è disposto a spingersi? Quello che viene rappresentato è un uomo senza umanità, che riserva ai soldi parole che i figli vorrebbero fossero destinate a loro («sangue del mio sangue»), disposto a sacrificare la felicità e a spazzare via i sogni delle uniche due persone rimastegli, pur di ottenere un profitto personale.
Lo spettacolo è ambientato in una dimensione che richiama la nostra quotidianità, con elementi di scena come il cellulare per fare un selfie e l’uso di canzoni contemporanee, in contrasto con i vestiti anni Settanta e agli spot pubblicitari che ossessionano Arpagone e che nell’opera diventano il diavolo che tentano di indurlo a spendere il suo denaro. Il tutto però è molto ben amalgamato e riesce nell’intento di coinvolgere ancora di più lo spettatore, il quale si sente in questo modo più dentro la storia e non può fare a meno di provare empatia per i personaggi rappresentati sul palco.
Ma quella di Arpagone non è l’unica storia raccontata, in quanto vengono narrate anche le vicende dei suoi due figli Elisa e Cleante, in costante lotta con il padre e alla ricerca di una via di fuga da quelle mura in cui si sentono prigionieri. I vari racconti sono stati messi in scena con il giusto ritmo, dando spazio a tutti, ognuno con il proprio lato inedito.
Riuscirà Arpagone a redimersi o rimarrà un uomo schiavo della sua avarizia?
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Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiUltime Notizie
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