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La Sala Dogana di Palazzo Ducale apre le porte alla nuova mostra “Lo davamo per scontato”
GENOVA – Continua la programmazione di Sala Dogana, lo spazio del Comune di Genova dedicato ai giovani e alla creatività che intende promuovere l’abilità e i talenti delle nuove generazioni. È con questi presupposti che Sala Dogana apre le porte alla proposta di Marco Arrigoni e Giacomo Pigliapoco con la mostra “Lo davamo per scontato”, in programma dal 6 maggio al 18 giugno.
Grazie alla collaborazione fra il Comune di Genova, Palazzo Ducale, Accademia Ligustica e Università di Genova viene sviluppata una costante azione con lo scopo di attuare e sviluppare un servizio per il territorio genovese, per fare tesoro delle molte presenze di artiste e artisti nei diversi ambiti disciplinari che transitano o risiedono in città.
La mostra vuole portare l’attenzione, attraverso le opere di 10 giovani artisti, allo sgretolarsi di un sistema di valori conquistato negli anni da uomini e donne, sullo stato di crisi nel quale viviamo e che si sta propagando oltre ogni più aspra previsione. Arrigoni e Pigliapoco attraversano le condizioni odierne ispirandosi, anche, alle parole della filosofa Maura Gancitano e alla poetica di Umberto Saba, restituendo così un insieme di visioni e temi calati sul contemporaneo e sulla città, come si evince dal loro testo di seguito riportato:
«Pubblicato postumo, scrivono sempre i curatori, l’Ernesto di Saba riporta con una prosa limpida e d’incanto, come è solo quella di un poeta, la dolorosa eclissi dell’identità e il difficile incatenamento dei sentimenti adottati per rispettare i dettami sociali imperanti. Il protagonista vive sommando alla complessità già intensa della sua adolescenza il peso di un contesto comunitario che gli nega la libertà di vivere la pulsione erotica e lo sbalzo amoroso per un altro uomo.
Scritto in un’Italia post-bellica in cui l’amore omosessuale libero era appannaggio di una stretta cerchia di salotti d’avanguardia, questo romanzo colmo di luce è un segno discreto della volontà di offrire una nuova lingua dell’amore e nuovi occhi con cui guardarlo. Ernesto è uno dei piccoli e potenti tentativi eroici di cambiare la prospettiva mediante un uso nuovo e delicato del linguaggio, perché, come suggerisce la filosofa italiana Maura Gancitano, la lingua è un’architettura e come tale può mutare con la società: la lingua è fatta dalle persone che la fanno.
Lo davamo per scontato è un percorso espositivo che attraverso lo sguardo di dieci artisti internazionali under 35 vuole far luce su quanto ancora urgente e significativa sia la necessità di lottare per i diritti alla persona. Esacerbato dalla crisi bellica, pandemica e climatica, il regresso del riconoscimento politico delle minoranze è ad oggi in corso e in continuo peggioramento. I temi intorno all’aborto, al riconoscimento dei figli di coppie non eteronormative, alla parità carrieristica tra i sessi, alla libertà di parola ed espressione, al rispetto della manifestazione artistica sono continuamente presi in esame dai sistemi di governance mondiali, non tanto per procedere verso la protezione e il consolidamento degli stessi, ma per metterli in discussione e al più abolirli.
La base di questa mostra è la sua stessa essenza: la generazione di artisti coinvolti. Cresciuti in un contesto culturale progressivamente sempre più favorevole al riconoscimento dei diritti e, soprattutto, al rispetto del concetto di diversità della persona, vedono oggi sgretolarsi il sistema di valori su cui hanno fatto affidamento. Questo significa che le battaglie di donne e uomini che prima di loro hanno strenuamente combattuto per ottenere piccoli ma essenziali miglioramenti sono in pericolo. Le opere presenti in mostra dimostrano come gli artisti under 35 di oggi portino all’attenzione questi aspetti. Le modalità per farlo sono differenti, con un messaggio esplicito o con lievi suggerimenti di direzione, ma ben riflettono quanto sia necessario riportarci a porre attenzione alla centralità del rispetto della persona nella sua unicità come base di una società democraticamente contemporanea».
Opere esposte, sinossi
Alien, Jenkin, shadow e Spook, shadow 2022. Stampa fotografica fine art, 50 cm x 60 cm. Courtesy dell’artista
Le due immagini sono parte del progetto fotografico Bodybuilders by Alien, nato per documentare la comunità alternativa new drag & club kids del Regno Unito, attraverso i ritratti di trenta performer della scena contemporanea. Il libro che raccoglie tutti gli scatti contiene testi di Helen Hester, autrice del manifesto
Xenofemminista, e di Lewis G. Burton, fondatrice della serata queer techno Inferno, a Londra.
Gaia De Megni, Tutto si fa, nulla si immagina, 2018. Due cubi in marmo Nero Marquinia e Biancone incisi con due video proiezioni e proiettori, 38x48x48 cm. Courtesy dell’artista. Foto Andrea Balza
Il titolo di questo lavoro è la citazione di una frase apocrifa di Leopardi, così come è anche citata nel film La voce della luna di Federico Fellini. Come accade spesso in De Megni, il linguaggio filmico diventa protagonista dell’opera, e qui si incontra con il materiale scultoreo per eccellenza, il marmo. Le onde del mare, protagonista del video, si mescolano e sovrappongono a quelle del marmo, accogliendo una pluralità di intrecci che rispecchia e invita la moltitudine di relazioni che possiamo costruire nella vita, al di là di pregiudizi e preconcetti.
Zehra Doğan, Dîlan 2, 2021. Tecnica mista su tappeto, 228 x 178 cm. Courtesy dell’artista e Prometeo Gallery Ida Pisani, Milano-Lucca. Foto Filippo Ferrarese, OKNO Studio
L’artista, giornalista e attivista curda con quest’opera riprende i disegni e dipinti realizzati durante la sua reclusione in carcere durata 2 anni 9 mesi e 22 giorni per “propaganda terrorista”, a causa dei suoi scritti giornalistici e di un acquerello che ha postato su Twitter. Le sue opere spesso rappresentano donne in gruppo, chiuse nella coralità di un abbraccio o strette in uno sguardo complice, donne vittima di repressione politica, religiosa, etnica, troppe volte obbligate al silenzio e negate della libertà di parola e espressione.
Victor Fotso Nyie, Io, 2017. Terracotta smaltata, rame, 40 x 35 x 28 cm. Courtesy dell’artista e P420, Bologna
L’opera è il ritratto di un giovane uomo che urla e freme, esprimendo la propria voglia di esistere, di affermare la propria identità. Il soggetto, dai marcati tratti somatici, vuole rendersi visibile e liberarsi dal giogo di un sistema sociale
oppressivo e soffocante. Il suo urlo, tra l’umano e il bestiale, risuona nello spazio come un appello di liberazione.
Alice Ronchi, Voglia di tenerezza, 2022. Ferro, 53×133×10 cm. Courtesy dell’artista e Francesca Minini, Milano
Alice Ronchi fa del quotidiano la base del suo lavoro e dell’attenzione nei confronti della molteplicità delle persone la sollecitudine alla creazione. Una linea costante della sua pratica è quella che mescola la ricerca dell’ingenuità dello sguardo tipica del fanciullino pascoliano ad una iconografia che parla il linguaggio universale dell’affetto. Voglia di tenerezza riproduce con disincanto, sintesi e tenerezza il bisogno di vicinanza della nostra epoca, estremamente basata su concetti di esclusione e solitudine. Come un bacio a fior di labbra, ci rende attenti a chi ha più bisogno di noi o a chi con un soffio di voce richiama la nostra attenzione.
Selma Selman, You Have No Idea (Election Day 2020), 2020. Video proiezione, 4’ 59” min.
Courtesy dell’artista
Selma Selman grida, urla, sibila e pronuncia la stessa frase “You Have No Idea” più e più volte, modificata dall’alternanza dei toni vocali determinati anche dalla fatica fisica ed emotiva. Siamo nel Black Lives Matter Boulevard di Washington DC, nel giorno delle elezioni presidenziali. La semplice sequenza di parole è colma di potere comunicativo: porta l’attenzione su quanto personale e invisibile possa essere il dolore e l’affanno della sofferenza, comprensibile solo a fronte di partecipazione, ascolto e attenzione. Il lavoro sottolinea una necessità di rifiuto e di resistenza alle presunzioni di genere e razziali.
Davide Stucchi, Ironed moon, ferro, tessuto, 2023. Courtesy dell’artista e Martina Simeti, Milano
Stucchi ricrea l’iconografia romantica della luna riflessa nel mare, a partire però da elementi appartenenti all’ordinaria sfera quotidiana della nostra contemporaneità. La sua immagine è costituita dall’incontro di due materiali antitetici: una lamiera stirata di colore nero e calzini di spugna bianchi. Entrambi sono stati recuperati da un set scenografico di una sfilata di moda:
gli uni ammorbidiscono e scaldano la freddezza dell’altra, creando un momento di estasi comunitaria, per tutti.
Chloe Wise, Pescatarians in the hands of an angry God, 2017. Inchiostro su carta, 136 x 107 cm (con cornice). Courtesy dell’artista e di Edoardo Monti
In questo ritratto di una sua amica, Wise si adopera, come è consuetudine del suo lavoro, nella rappresentazione della performatività
della normalità, cosicché possa essere monumentalizzato il momento non epocale o la banalità del gesto. Spesso filtrata da umorismo e parodia, soprattutto nei confronti del consumismo americano e di certa estetizzazione della vita, la pittura di Wise intende rappresentare l’essere umano nella sua fioritura unica e insostituibile, mai comparabile o rapportabile a quella dell’altro.
TOMBOYS DON’T CRY, Inhale-Exhale, suono, 4’ 48”
Inhale-Exhale un’esperienza sonora che fonde voci, campionamenti e altre forme di strumentazione in un flusso emotivo che trascende il respiro. Una ripetizione stratificata che come un mantra decostruito riconduce ad uno spazio e tempo primordiale.
Xiao Zhiyu, 354 gr, 358 gr 2022. Olio su lino, pigmenti pesanti, 22 x 14 cm. Courtesy dell’artista e Galleria FuoriCampo, Siena. Foto Ela Bialkowska, OKNOstudio.
Un uomo inutile dello scrittore turco Sait Faik Abasıyanık è un insieme di racconti tesi a dare spazio e voce alla molteplicità degli esseri umani che popolano le strade di Istanbul, senza predilezioni sociali o suddivisioni gerarchiche, ma con l’occhio generoso e fraterno di chi riconosce la diversità come ricchezza preziosissima data dalla somma delle unicità insostituibili di ciascuno. L’opera appartiene ad una serie di lavori in cui Zhiyu riproduce nella forma, nelle dimensioni e nel peso libri a lui cari, riflettendo sulla dialettica tra dipinto e libro, tra suggestione visiva e letteraria, tra due diverse modalità di narrazione.
Biografie
Alien (Monza, Italia, 1992) è una fotografa che vive e lavora tra Londra e Milano ed esplora temi identitari e di vita quotidiana attraverso un approccio genuino e diretto alla fotografia. Il riconoscimento gioca un ruolo importante nella sua pratica e ogni soggetto è trattato con lo stesso sguardo. Spesso strutturato in serie, il suo lavoro amplifica e offre una prospettiva più ampia sulle persone, con riferimenti alle sottoculture e alla musica. Bodybuilders, progetto fotografico e video presente in mostra, è stato presentato presso Artifact, Milano, 2022; Volksbühne, Berlino, 2022; Urgent Paradise, Losanna, 2022; Transmission Gallery, Glasgow, 2022; Artwords Bookshop, Londra, 2022.
Gaia De Megni (Santa Margherita Ligure, Italia, 1993) vive e lavora tra Roma e Milano. Si serve di scultura, video e performance per analizzare le possibilità di un’immagine, attraverso la frantumazione dell’immaginario occidentale e le sue rappresentazioni, guardando prevalentemente alle immagini in movimento, nel tentativo di ritrovarne matrici individuali e collettive. Le mostre e i progetti recenti includono: Ekrani i Artit 2022, Shkodër, Albania, 2022; Talent Prize, INSIDEART, Roma, 2021; Il Mito dell’Eroe, Hypermaremma, Maremma Toscana, 2021.
Zehra Doğan (Diyarbakır, Turchia, 1989) è un’artista curda che tramite il suo lavoro ha spesso voluto raccontare il Kurdistan, smembrato tra Turchia, Siria, Iran e Iraq con la caduta dell’Impero Ottomano. Il suo lavoro riflette sui temi della libertà, dei diritti e dell’emancipazione, con una sintesi tra verità ed emozione di chi solo ha vissuto in prima persona ciò di cui parla. I suoi lavori sono stati esposti in istituzioni come: PAC, Milano, 2021; Biennale di Berlino, 2020; Peace Forum, Basilea, 2020; Nassauischer Kunstverein, Wiesbaden, 2020; Museo di Santa Giulia, Brescia, 2019; Drawing Center, New York, 2019; Tate Modern, Londra, 2019.
Victor Fotso Nyie (Douala, Camerun, 1990) vive e lavora in Italia. Indaga temi che contribuiscono all’affermazione e all’edificazione di sé e della collettività, come la nozione di eredità ancestrale, di terra natale, di patrimonio e identità. Attraverso l’uso di forme primarie e di vibrazioni di colori, le sue opere richiamano la forza generatrice della terra e si fondono con altre che rappresentano in chiave metaforica il mondo globalizzato in cui viviamo. Tra le più recenti mostre personali: The Way back Home, Galleria Sala Uno, Roma, 2023; Spazio Griot, Mattatoio, Roma, 2022; Una Boccata d’arte, Rocca San Giovanni, 2022; Quella terra tra le mani, Galleria d’Arte della Molinella, Faenza, 2022; Pinacoteca Civica, Pieve di Cento, 2022; MCZ Territorio, Museo Carlo Zauli, Faenza, 2021.
TOMBOYS DON’T CRY (Milano, 2011) è una piattaforma queer transfemminista basata a Milano che dal 2011 promuove avventure post-identitarie, in una cultura di ricerca e sperimentazione visiva, sonora, performativa e connessa alla comunità LGBTQAIXYZ+. Tra le ultime loro mostre si citano: Switch The Witch, La Rada, Locarno, 2022; After Language, La Fete du Slip, Losanna, 2020; Body Language, Quadriennale di Roma, Roma, Italia, 2020; Collective Wandering, ArtEZ Institute of the Arts, The Netherlands, 2019; NAIL BAR, Loud & Proud Festival, Paris, 2019; NAIL BAR, Girls Like Us Magazine, Kunsthalle Bern, 2018.
Alice Ronchi (Ponte dell’Olio, Italia, 1989) vive e lavora a Milano. Nel suo lavoro è costante la ricerca della “meraviglia”, popolata da figure insieme familiari ed enigmatiche. A metà strada tra il ludico e il minimale, il suo lavoro è una sintesi tra il rigore della forma e la semplicità d’espressione, volto a interrogare la realtà attraverso un’attenzione dello sguardo in cerca di una magica visione. Tra le mostre più recenti: HyperMaremma, Maremma Toscana, upcoming; Organica, in collaborazione con il MAXXI, Foro Italico, Roma, upcoming; Fondazione Ica, 2022; MAXXI, Roma, 2019; MamBo, Bologna, 2018; Stadgalerie, Kiel, 2016; MACRO, Roma, 2016.
Selma Selman (Bihać, Bosnia ed Erzegovina, 1991) vive e lavora a Bihać e New York. Il suo lavoro ha a cuore il tema del corpo femminile, mettendo spesso in atto un approccio volto all’auto-emancipazione collettiva delle donne oppresse. Vittima in prima persona di tirannia in varie declinazioni e scale, Selman ha creato “Get The Heck To School”, fondazione che mira a dare potere alle donne rom di tutto il mondo che hanno affrontato l’ostracismo dalla società e la povertà. Tra le mostre recenti: Manifesta 14, Prishtina, 2022; Don’t Look Into My Eyes, Kasseler Kunstverein Museum Fridericianum, Kassel, 2021; Art Encounters biennale, Timișoara, 2021; …of Bread, Wine, Cars, Security and Peace, Kunsthalle Wien, 2020; FutuRoma, 58 Biennale di Venezia, 2019.
Davide Stucchi (Vimercate, Italia, 1988) vive e lavora a Milano. La pratica dell’artista è segnata dall’effimero e dall’improvvisazione tipiche delle arti sceniche e della decorazione teatrale. Stucchi gioca ironicamente con oggetti, parole e corpo, riconfigurandone funzioni e modalità di presentazione per rielaborarne le interazioni reciproche e stabilendo nuove modalità di dialogo con i soggetti umani. Tra le istituzioni che hanno ospitato il suo lavoro: Palazzi dell’Arte, Rimini, 2022; MACRO, Roma, 2020; Stadtgalerie Bern, Berna, 2020; Quadriennale d’arte 2020, Roma, 2020; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, 2018.
Chloe Wise (Montreal, Canada, 1990) utilizza pittura, scultura, video e installazione per sondare il tema della ritrattistica come creazione del sé.
Sempre attenta all’intreccio tra consumismo e abuso di immagini, spesso indaga i desideri più comuni focalizzati attorno al cibo e al corpo femminile. Pubblicità, moda, tabù, marchi multinazionali: Wise guarda alle abitudini di consumo costruite attorno a queste strutture con parodia e derisione. Tra le principali mostre istituzionali: Through Our Eyes–Resonance and Illusion in Contemporary Portraits, CICA Vancouver, Canada (2022) ; Artist inspired by music: Interscope reimagined, LACMA, Los Angeles (2022); And Everything Was True, HEART, Herning Museum of Contemporary Art, Danimarca (2019).
Xiao Zhiyu (Huai Hua, Cina, 1995) vive e lavora a Helsinki. La sua ricerca si concentra sulla percezione contemporanea delle immagini in relazione alla composizione di oggetti dipinti. Riflette sulla nozione di mostra come medium attraverso le pratiche discorsive materiali della pittura, in cui la ri-materializzazione di oggetti e corpi assume spesso un ruolo centrale. Tra le mostre principali si ricorda untitled: 4020-5422, Baerum Kunsthall, Oslo (2022); Qualche Nostro Ieri, Salotto Studio, Milano (2022); untitled (e012102), Project Room, Helsinki (2021). Future mostre personali si terranno presso Maa-tila (2023), SIC space (2023) e Helsinki Art Museum Gallery (.2024), Helsinki.
SALA DOGANA del COMUNE DI GENOVA
E’ uno spazio dedicato alla creatività giovane coordinato dal Comune di Genova nell’ambito di Palazzo Ducale con la partecipazione dell’Accademia Ligustica e dell’Università, con l’intento di agevolare giovani artisti offrendo loro lo spazio ed alcuni servizi, per far conoscere ed evidenziare le varie sensibilità oltre alle aspettative delle nuove generazioni attraverso le arti visive, la musica e altre forme espressive contemporanee.
Sala Dogana – Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura
Piazza Matteotti 9, 16121 Genova
Dal 6 maggio al 18 giugno 2022 ore 16,00-20,00.
Chiuso lunedi, martedì e mercoledì
Ingresso libero
Informazioni
www.genovacreativa.it
www.palazzoducale.genova.it
FB: Sala Dogana Genova
saladogana@comune.genova.it
CS.
Su Redazione
Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiUltime Notizie
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