Il mito di Orfeo ed Euridice come metafora dell’eutanasia

Di il 30 Gennaio 2018

GENOVA – Al Teatro Altrove, venerdì 2 e sabato 3 febbraio alle ore 21, andrà in scena la celebre opera “Orfeo ed Euridice”, rivisitata sotto la regia di César Brie.

 

Allo spettacolo, sabato 3 febbraio alle ore 17.30, sarà affiancato un convegno con otto illustri relatori, a cura della Consulta di Bioetica Onlus, dal titolo: “Aggiungere vita agli anni o aggiungere anni alla vita?”. Per saperne di più sulla tavola rotonda, clicca qui.

 

«E se lei ritornasse? E se lei si svegliasse un giorno? E se un mattino aprisse gli occhi? Lasciarla andare significa ucciderla? O è lasciar andare la tua di speranza?». Sono queste le domande che si pone il regista César Brie per ricostruire uno dei miti più noti, Orfeo ed Euridice.

 

«Orfeo con la sola forza del suo canto prova a strappare la sposa Euridice dal regno dei morti – continua il regista – La forza e la poesia del mito si intrecciano in questo lavoro con due temi controversi: l’accanimento terapeutico e l’eutanasia. Senza offrire risposte, lo spettacolo interroga lo spettatore sulla forza e la grandezza dell’amore. Abbiamo riletto il mito di Orfeo ed Euridice come metafora dell’eutanasia. Orfeo nel voltarsi stacca la spina. L’Ade non è più il regno dei morti, ma il regno dei non morti. L’Ade è in realtà, così come lo mostriamo nello spettacolo, il risultato di una prassi medica tecnicamente così progredita da poter impedire a qualcuno di morire, ma ancora così indietro da non permettergli di riacquistare le proprie facoltà. Il mito ha avuto tante versioni. Nella nostra, in qualche modo, Orfeo vuole voltarsi perché l’ama e voltandosi potrà finalmente perderla nell’infinito amore».


Per ulteriori informazioni, visita il sito web.

 

(C.S.)

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