IL MESE DI MARZO DEL TEATRO NAZIONALE: IN PROGRAMMA PRIME IN ASSOLUTA, MUSICA E GRANDI RITORNI

Di il 3 Marzo 2025

Nelle sale genovesi ricompare a grande richiesta “Pignasecca e Pignaverde”. Per i “Sabato a teatro” nuove produzioni TNG e le inedite collaborazione con il pubblico dei più giovani

GENOVA – Teatro Nazionale si prepara ad offrire al proprio pubblico del mese di marzo un ricco programma di iniziative. Sui palchi delle sale cittadine si alterneranno momenti di grandi intrattenimento creativo tra debutti nella rassegna “Sabato a teatro” prime nazionali, appuntamenti speciali e graditi ritorni. Di seguito il calendario completo degli eventi.

Sabato 1° marzo, in Sala Mercato

Elena Dragonetti (che cura anche la direzione artistica del Teatro Ragazzi) propone – in prima nazionale – Cache – cache uno spettacolo per bimbi e bimbe sul gioco del nascondino, il teatro di figura e il potere dell’immaginazione

Spettacolo consigliato dai 3 anni

Come sono i bambini quando nessuno li vede? Che faccia ha il mondo disegnato da loro? Dove si nascondono quando cercano uno spazio tutto loro? E noi adulti sappiamo dove cercarli? Sappiamo entrare in quella stanza a misura d’infanzia in cui gli orologi hanno i numeri di marzapane e le lancette si spostano a colpi di giri di giostra? Dove il tempo si misura con il numero di baci della buonanotte e di biscotti sgranocchiati di nascosto prima di cena.

Cache – cache è un’occasione per giocare insieme a nascondino, per andare alla ricerca degli spazi segreti in cui i bambini si nascondono, reinventando un mondo a propria dimensione. Uno spettacolo di teatro di figura che accompagna i più piccoli verso una dimensione immaginifica: un invito a saltare a piè pari dentro una narrazione ricca di visioni suggestive.

Durata dello spettacolo: 1 ora circa.

https://www.teatronazionalegenova.it/spettacolo/cache-cache/

dal 6 al 19 marzo, al Teatro Ivo Chiesa

Due settimane con un grande classico della commedia scritta da Emerico Valentinetti nel 1957, tratta dal magistrale repertorio di Gilberto Govi – Pignasecca e Pignaverde.

Tullio Solenghi è regista, interprete e firma anche l’adattamento assieme a Margherita Rubino. Progetto di scene e costumi di Davide Livermore, per uno spettacolo che ha già molte repliche sold out

L’esito entusiasmante dei Manezzi per maritare una figlia di Gilberto Govi, che nell’arco di ottanta repliche ha divertito ed emozionato una platea di 50.000 spettatori, non poteva che preludere ad una nuova avventura con l’altro grande classico del magistrale repertorio di Govi: Pignasecca e Pignaverde. Così Tullio Solenghi, regista e interprete – firma anche l’adattamento assieme a Margherita Rubino – sulle scene e i costumi disegnati da Davide Livermore, dà corpo e voce a Felice Pastorino, protagonista della celebre commedia scritta da Emerico Valentinetti nel 1957.

Spiega Solenghi presentando il lavoro: «Lascio i panni del remissivo Steva per calarmi con immutato entusiasmo in quelli del più arcigno Felice, una maschera che, a differenza della precedente, nasconde, tra gli immancabili spunti di grande comicità, lati umani oscuri e intriganti da indagare e rappresentare. Questo nuovo personaggio goviano rappresenta, infatti, l’eterno archetipo dell’avaro, attorno al quale ruotano personaggi e situazioni che vanno a comporre, nell’attenta osservazione della realtà, quel microcosmo di stampo ligure che si manifesta in una sorta di preziosa “foto d’epoca”. È proprio sfogliando queste immagini sceniche che il pubblico ha partecipato ai nostri Manezzi, in una sorta di rito collettivo che voglio puntualmente ricreare con questa nuova rappresentazione.

In Pignasecca e Pignaverde la maschera si fa più autentica, con una maggiore profondità narrativa: una nuova sfida per me, per la mia messa in scena e per la compagnia che mi affianca, professionalmente ineccepibile in ogni ruolo, perché l’empatia del gruppo è sempre stata una delle risorse essenziali del teatro di Gilberto Govi. A lui e alla sua arte ho voluto dedicare anche in questa mia nuova messa in scena un mio personale tributo».

Durata dello spettacolo: 1 ora e 50 minuti compreso intervallo.

https://www.teatronazionalegenova.it/spettacolo/pignasecca-e-pignaverde/

in prima assoluta \\ nuova produzione del TNG

dal 12 al 23 marzo, per due settimane, al Teatro Gustavo Modena

TOO LATE – testo inedito del premio Nobel Jon Fosse, che si lascia ispirare dai temi e dalle atmosfere di Ibsen, immaginando un ritorno alla Casa di bambola, con una Nora anziana (Anna Bonaiuto) che fa i conti con le scelte di una vita, scoprendo che i fantasmi o i ricordi non sono sempre di buona compagnia. Le ombre si allungano e come dice il titolo “è troppo tardi” – ma, per cosa è troppo tardi ? oppure è sempre troppo tardi?

Perché Nora non può smettere di farsi domande? Possiamo essere uno specchio \ un muro \ un pubblico?

Da un progetto di Dellavalle \ Petris; regia e adattamento di The Dellavalle; interpreti – Anna Bonaiuto, Irene Petris, Roberta Ricciardi, Emanuele Righi, Giuseppe Sartori

PRIMA NAZIONALE

Passati quasi centocinquanta anni dallo scandalo che seguì la pubblicazione di Casa di bambola di Henrik Ibsen, e dopo le tante, diversissime messinscena del testo, il premio Nobel della letteratura Jon Fosse, immagina una nuova Nora.  Nella sua riscrittura il personaggio, che è stato  simbolo di emancipazione e ” mito culturale”, è una Nora  “del dopo”, più vicina a noi. Con lo sguardo disincantato e “esistenziale” che lo contraddistingue, l’autore norvegese, affronta la vicenda da una prospettiva singolare,  immaginando – non senza ironia – una sorta di sequel. Dopo la fuga da casa verso la libertà, dopo aver abbandonato marito e figli, Nora ha vissuto la sua vita in solitudine, provando ad esprimersi come artista. Giorno dopo giorno, mentre si confronta con la creazione, ripercorre la sua storia cercando di dare un senso ai ricordi e ai frammenti del passato che la “visitano”, interrogandosi sulle ragioni e le conseguenze di una scelta di affermazione di sé che forse non si è rivelata giusta ma è stata inevitabile.

La Nora di Jon Fosse, chiusa in uno spazio astratto, forse più mentale che reale, pensa dunque a ricominciare, ad un nuovo inizio. E in questa prospettiva, Fosse riesce a dare concretezza ad una rivisitazione del personaggio ibseniano che conserva un potenziale “scandaloso” declinato nel contesto di una sensibilità decisamente più attuale.

La compagnia DELLAVALLE/PETRIS, formata dalla regista Thea Dellavalle e dall’attrice Irene Petris, si confronta dunque con questo “classico contemporaneo” affidando il ruolo di Nora ad una splendida Anna Bonaiuto, in un lavoro che conferma – laddove ce ne fosse bisogno – la grandezza non solo teatrale, ma letteraria e poetica dell’opera di Jon Fosse.

In accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di Colombine Teaterförlag.
Durata dello spettacolo: 1 ora e 15 minuti circa.

Dopo Genova lo spettacolo andrà in scena dal 25 al 30 marzo al Teatro Astra di Torino.

https://www.teatronazionalegenova.it/spettacolo/too-late/

poi a Torino (Teatro Astra 25 < 30 marzo, nella stagione del TPE che coproduce lo spettacolo)

la settimana seguente, dal 20 al 22 marzo, in Sala Mercato

torna Elena Dragonetti con To rave che vede in scena un gruppo di ragazzi e ragazze delle scuole superiori di Genova con alcuni attori e danzatori professionisti. lo spettacolo rientra nel progetto più ampio Le età del fuoco che da alcune stagioni il Teatro Nazionale di Genova dedica all’adolescenza.

Un gruppo di ragazze e ragazzi si prepara per partecipare a un rave party: tra ansie, emozioni, aspettative e contraddizioni, per ognuno di loro sarà una notte indimenticabile. Il nuovo spettacolo di Elena Dragonetti racconta, attraverso la recitazione e la danza, le prime esperienze di libertà e di condivisione dei nuovi adolescenti, la loro battaglia interiore tra il bisogno di appartenere ad un gruppo, il desiderio di autonomia e la ricerca della propria identità.

Sul palcoscenico, insieme ad alcuni attori, un gruppo di studenti e studentesse delle scuole superiori di Genova, che prima di andare in scena hanno seguito un laboratorio teatrale. To rave rientra nel progetto L’età del fuoco che il Teatro Nazionale di Genova dedica da alcuni anni all’adolescenza, una fase della vita delicata e dalle straordinarie potenzialità.

https://www.teatronazionalegenova.it/spettacolo/to-rave/

dal 21 al 23 marzo, al Teatro Ivo Chiesa

Crisi di nervi – cuce tre atti unici di Čechov (L’orsoI danni del tabacco e La domanda di Matrimonio) in una messa in scena che porta la firma di Peter Stein, maestro riconosciuto del Teatro contemporaneo europeo che dirige una compagnia di attori a lui cari, tra cui spiccano Maddalena Crippa, Sergio BasileGianluigi Fogacci, Alessandro Averone.

Peter Stein, uno dei maggiori registi europei, affronta da par suo Anton Cechov. Con un gruppo affiatatissimo di interpreti – gli stessi che aveva diretto nel recente e acclamatissimo Il compleannodi Harold Pinter – sceglie dalla produzione dell’autore russo tre atti unici, tornando così ad uno dei suoi autori di riferimento. L’ensemble attorale, in cui spiccano i nomi di Maddalena Crippa, Alessandro Averone e Gianluigi Fogacci, si confronterà dunque con tre testi in cui si avverte chiara la felicità creativa del giovane Cechov.

Raccolti sotto il titolo emblematico di Crisi di nervi, ecco allora L’orsoI danni del tabacco e La domanda di matrimonio. Sono opere, scritte tra il 1884 e il 1891, che lo stesso autore definiva “scherzi scenici”: questi tre piccoli capolavori, rappresentati ovunque e continuamente, sono tre brevi e folgoranti istantanee, tre intensi ritratti umani. Spiega il regista: «Dopo l’insuccesso delle sue prime due opere, il giovane Cechov giurò di non scrivere mai più per il teatro drammatico e decise di dedicarsi esclusivamente al vaudeville. Questa circostanza ci ha regalato una serie di atti unici, pieni di sarcasmo, di comicità paradossale, di stravagante assurdità e folle crudeltà, e che a loro volta sono diventati il terreno fertile per l’esperienza e la preparazione delle grandi opere della maturità dell’autore».

Di lì a poco, infatti, sarebbero arrivati GabbianoZio VanjaTre sorelle. Ma già tutti i temi cari all’autore sono presenti negli atti unici: quello sguardo empatico e ironico sul mondo e sull’umanità, quel senso di nostalgia per tutto ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, quella feroce e tagliente analisi delle dinamiche familiari, la aguzza critica sociale. A firmare la traduzione e l’adattamento dei testi è lo stesso Stein, che per questo lavoro si avvale dei suoi più fidati collaboratori, ovvero Ferdinand Woegerbauer per le scene, Anna Maria Heinreich per i costumi e Andrea Violato per le luci.

Durata dello spettacolo: 90 minuti.

https://www.teatronazionalegenova.it/spettacolo/crisi-di-nervi/

in prima assoluta \\ nuova produzione del TNG

dal 25 marzo al 6 aprile, al Teatro Eleonora Duse

EQUUS di Peter Shaffer ritorna dove debuttò cinquant’anni fa, in una traduzione e adattamento di Carlo Sciaccaluga a partire da quella che il padre Marco realizzò nel 1975.

Un capolavoro della drammaturgia contemporanea che racconta la storia di Alan Strang, un diciassettenne che ha compiuto un atto di violenza incomprensibile, accecando sei cavalli. Il compito di comprenderne il motivo spetta allo psichiatra Martin Dysart, uomo disilluso e imprigionato in un’esistenza monotona. Ma più Dysart scava nella mente del ragazzo, più emerge un universo aggrovigliato tra passione fisica e mistica, che lo mette di fronte alla propria crisi esistenziale e lo porta a interrogarsi sull’ eterna lotta tra istinto e ragione, controllo e libertà. Regia di Carlo Sciaccaluga, interpreti: Pietro Giannini, Luca Lazzareschi, Pia Lanciotti, Camilla Semino Favro, Paolo Cresta, Michele De Paola, Giulia Prevedello

PRIMA NAZIONALE

«Un cavallo è solo un cavallo? Oppure è il riflesso più profondo e insondabile della nostra natura selvaggia? Equus è un viaggio nel cuore oscuro del desiderio, un rito iniziatico che affonda nel mito e nella psicologia, un’opera che esplora il mistero dell’identità e il peso del conformismo sociale. Scritto nel 1973 da Peter Shaffer, questo capolavoro della drammaturgia contemporanea racconta la storia di Alan Strang, un diciassettenne che ha compiuto un atto di violenza incomprensibile: ha accecato sei cavalli. Il compito di comprenderne il motivo spetta allo psichiatra Martin Dysart, uomo disilluso e imprigionato in un’esistenza monotona. Ma più Dysart scava nella mente del ragazzo, più emerge un universo di passione fisica e mistica, che lo mette di fronte alla propria crisi esistenziale e lo porta a interrogarsi sull’eterna lotta tra istinto e ragione, controllo e libertà.

Equus è una storia di oppressione. Alan è un giovane che ha un desiderio profondo, assoluto, una forza anche erotica che non riesce a trovare forma in una società che lo schiaccia sotto il peso del conformismo: lavora in un negozio di elettrodomestici, si stordisce davanti alla televisione, il nuovo grande oppiaceo dell’individuo che in quegli anni stava sostituendo la religione. Nel 1973 Shaffer individuava nel consumismo e nell’intrattenimento di massa i grandi strumenti di repressione dell’individuo. Cinquant’anni dopo, come stiamo? Un po’ peggio o un po’ meglio? Molti diritti individuali sulla carta sono stati riconosciuti, ma in mano abbiamo uno strumento che può impedirci di vivere il presente, e che rende i nostri desideri superflui e anestetizzati. E i nostri corpi diventano propaggini del telefono, non il contrario. Vanno allenati solo per mostrarli su Instagram.

Il desiderio è pericoloso, perché è antisociale. Per questo va soffocato, addomesticato, reso innocuo. Ma il desiderio scalpita, freme, a volte non vuole farsi mettere le briglie. E se è oppresso rischia di esplodere e distruggere invece che di nutrire e vivificare. Il nostro Equus è un’esplorazione viscerale della lotta tra il desiderio e il controllo, tra l’istinto e la ragione. Le maschere equine, i corpi che evocano il galoppo, la scenografia che si fa spazio di sogno e incubo, in cui i confini tra realtà e delirio si assottigliano. La colonna sonora, con il suo ritmo incalzante e le sue contaminazioni elettroniche, scandisce il dramma come un battito cardiaco impazzito, un crescendo ossessivo che rispecchia l’esplosione emotiva della vicenda. Equus è un’opera che interroga il pubblico senza offrire risposte facili. È la storia di un giovane che si rifiuta di essere addomesticato. È un grido, un atto di ribellione. È l’essere umano che si ricorda di essere un meraviglioso animale».
Carlo Sciaccaluga

Equus di Shaffer viene presentato in accordo con la Concessionaria Antonia Brancati srl www.antoniabrancati.it.

https://www.teatronazionalegenova.it/spettacolo/equus/

dal 26 al 28 marzo, al Teatro Gustavo Modena

Otello di precise parole si scrive – prende a pretesto il dramma shakespiriano di Otello per consentire a Lella Costa e Gabriele Vacis di affondare nei suoi grandi temi e rendere questioni come il femminicidio, la diseguaglianza di genere o il patriarcato una sostanza narrativa incandescente e ritornare su un repertorio già conosciuto e praticato, come se fosse materia sempre nuova.

Un Otello al femminile? Lella Costa e Gabriele Vacis entrano nel dramma shakespeariano per parlare di diseguaglianza, femminicidio, patriarcato, maschilismo. Racconta l’attrice: «Succede con i grandi autori, soprattutto con Shakespeare: i loro testi, le loro storie, i loro personaggi sono, letteralmente, immortali. Continuano a parlarci, a stupirci; a volte ci aiutano perfino a capire chi siamo, cosa ci sta succedendo adesso. E quando incontri una di queste storie perfette in genere te ne innamori… è quello che è successo a Gabriele Vacis e a me. È quello che ci ha spinto a riportare in scena, dopo 24 anni, il nostro Otello, preservando la sostanza narrativa, ma modificando quelle parti in cui l’attualità, o meglio la contemporaneità, richiedevano un aggiornamento…

Se poi ci aggiungiamo una trama folgorante, il cui riassunto potrebbe sembrare una notizia di cronaca di oggi (un lavoratore straniero altamente qualificato, un uso doloroso e spregiudicato del linguaggio, un femminicidio con successivo suicidio del colpevole), allora ci rendiamo conto di quanto bisogno abbiamo di continuare a raccontare e ascoltare questa storia. Precisamente questa».

Aggiunge Gabriele Vacis: «Oggi sappiamo che quello non è amore. Non c’è mai amore quando c’è violenza e sopraffazione. E questo ce l’hanno insegnato le donne. Le più giovani in modo molto risoluto… Che Otello uccida Desdemona per amore, è un principio patriarcale. Proprio patriarcale, attenzione, non maschilista. Il patriarcato ce l’abbiamo dentro, in profondità… Perché la cultura occidentale, lo stesso continente in cui viviamo prende il nome da una ragazza, Europa, rapita dal patriarca per eccellenza, Zeus appunto. Raccontare Otello con Lella Costa significa provare a capire cosa possiamo fare, noi maschi, per emanciparci dall’umiliante condizione di oppressori cui siamo condannati dalla storia».

Durata dello spettacolo: 90 minuti.

https://www.teatronazionalegenova.it/spettacolo/otello-lella-costa/

dal 29 al 30 marzo, al Teatro Ivo Chiesa

Tragùdia. Il canto di Edipo di Alessandro Serra (ideazione regia scene e luci ), affronta il mito di Edipo riscrivendolo in una lingua antica e ancestrale, il Grecanico, che ha le sue radici nella Magna Grecia e oggi risuona solo in una ristretta striscia di terra in Aspromonte. Serra prosegue la sua ricerca visionaria tra i miti e gli scritti tragici. Qui si confronta con Sofocle e affonda nella lingua e nei suoni, scavando tra macerie incandescenti perché “bisogna soffiare sulle ceneri per riattivare il fuoco”.

«Macerie. In un’epoca di macerie non c’è altra possibilità che lavorare su ciò che resta, soffiare sulle ceneri per riattivare il fuoco. Ciò che resta della tragedia: parole senza suono. Ciò che resta della polis: una società di estranei. Ciò che resta del rito: una drammaturgia spenta. Ciò che resta di un mito: una storiella venuta a noia. Ciò che resta di un eroe: un personaggio fuori fuoco. Il canto di Edipo si edifica sulle macerie…».

Con queste parole, Alessandro Serra, uno dei registi più visionari e innovativi della nuova scena italiana, presenta il suo affondo nel mondo della tragedia classica. In particolare, Serra si confronta con Sofocle e con i racconti del mito, per questa Tragùdia – il canto di Edipo che è frutto di una attenta ricerca non solo visiva ma anche in particolare sonora, incentrata come è sulla lingua grecanica.

Spiega Serra: «Come ricostruire oggi quel sapere collettivo che esonerava il poeta tragico dal dover volgere in prosa il mito e lo legittimava a sollecitare immediate visioni nel pubblico? Come compiere il tragico oggi? Quale linguaggio è, ciò che tramite Sofocle, vogliamo dire allo spettatore? E in quale lingua? Il greco di Sofocle era volutamente alto e musicale, una lingua che ci strappa dal piano di realtà e ci pone su un livello di trascendenza. Come consegnare al pubblico la drammatizzazione perfetta del mito perfetto in una lingua non ostile e concettuale ma musicale, istintiva e sensuale? L’italiano sembra abbassare il tragico a un fatto drammatico. Abbiamo perciò scelto il grecanico, lingua che ancora oggi risuona in un angolo remoto di quella che fu la Magna Grecia, una striscia di terra che dal mare si arrampica sull’Aspromonte scrutando all’orizzonte l’Etna». Avvalendosi di un nutrito e affiatatissimo gruppo di interpreti, Alessandro Serra continua il suo viaggio nella meravigliosa oscurità della tragedia.

Durata dello spettacolo: 80 minuti.

https://www.teatronazionalegenova.it/spettacolo/tragudia/

Domenica 30 marzo, alla Sala Mercato – l’ultimo appuntamento con il Jazz della domenica mattina, nella rassegna Jazz’n Breakfast a cura di Rodolfo Cervetto

Magia concerto del quintetto guidato dal contrabbassista Massimiliano Rolff 

Brani inediti, grandi classici, tesori nascosti e tributi agli artisti più iconici. Per chi ama il jazz, torna alla domenica mattina, sui palchi del Teatro Gustavo Modena e della Sala Mercato, la rassegna Jazz’n’breakfast. Sei live coinvolgenti (più l’inaugurazione serale) ricchi di groove e di gusto, in cui unire il piacere di ascoltare tanta buona musica a quello di fare colazione in un bar ispirato agli storici caffè letterari.

La rassegna è curata da Rodolfo Cervetto in collaborazione con Associazione Musicale Esperanto,Louisiana Jazz Club e promossa con il sostegno del Centro Commerciale e Divertimenti Fiumara.

https://www.teatronazionalegenova.it/jazznbreakfast-2024-25/

C.S.

Su Redazione

Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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