I SOUND LATINI RINASCONO DALLE PERIFERIE GENOVESI CON VAGO: L’INTERVISTA AL RAPPER DI CERTOSA PER IL NUOVO SINGOLO “SEGURA”

Di il 8 Novembre 2024

Classe 98, l’artista si racconta in esclusiva a Goa Magazine in occasione dell’uscita dell’inedita collaborazione con Uhla e Gorka: portare alla ribalta il genere sudamericano in città e le sue ambizioni per il futuro

GENOVA – Portare il sound sudamericano a Genova ed avventurarsi in un genere musicale ancora inesplorato sul territorio. Fare uscire le “facce” latine per dare voce alle proprie origini e alla cultura di una parte della nostra popolazione che non è mai riuscita ad emergere qui in Italia. Per Vago, cantante emergente di Certosa, è il momento di cambiare le carte in tavola. Nasce così il nuovo progetto musicale a dieci anni dal suo ingresso nella scena genovese: entrare a pieno contatto con le proprie radici etniche e cercare di iniziare a sviluppare una cultura musicale sudamericana partendo da Genova.

In occasione dell’uscita del suo ultimo singolo “Segura”, in collaborazione con i rapper Uhla e Gorka, Goa Magazine ha incontrato Vago per raccontare al pubblico le proprie origini, le sue aspirazioni e quello che per Genova potrebbe essere un trampolino di lancio verso questa sua nuova avventura.

Da cosa è nata l’idea di portare il genere sudamericano nella scena musicale genovese?

Io sono dieci anni che canto e diciamo che non ho mai trovato effettivamente la chiave giusta per rappresentare quello che effettivamente voglio da me stesso, sia personalmente, quindi sia di mio carattere ed abitudini, sia a livello di sound delle tracce. Questo progetto nasce proprio dalla necessità di rappresentare per la prima volta in maniera esplicita le mie origini, che sono quelle sudamericane. Mia madre è sudamericana, dell’Ecuador. Quindi ho scritto questo “Segura”, un po’ a caso. Da lì ho iniziato a pensare: perché non continuare questo modo di approcciare la musica mettendo delle parole in spagnolo, che, appunto, mi rappresenta? Mi sono accorto poi col tempo che lo spagnolo mi dà molta più possibilità di spaziare sui vari generi del rap.

Quindi prima ho iniziato a fare un progetto, che si chiama “Solo”, che è molto a cassa dritta, molto rap. Nello spagnolo, soprattutto i sudamericani, fanno molto questa musica che alla fine è urban, che spazia un po’ tra il rap, una musica un po’ più discotecara ma che può essere anche più tranquilla. Questo ha dato un po’ il via adesso a quello che uscirà: unire le due cose, la mia cultura e il rap. Mi permette di darmi la possibilità di spaziare in altre cose, perché penso di essere in grado di fare anche tante altre cose.

E da questo nasce “Segura”: raccontaci qualcosa in più sul singolo

Segura è effettivamente il primo passo con cui partirò nel progetto dello spagnolo. Soprattutto nel video abbiamo deciso di tirare in mezzo proprio le facce sudamericane, dare proprio spinta a questo progetto in maniera impattante. Diciamo che la musica sudamericana qua in Italia, a livello di realtà, non è venuta fuori quasi da nessuna parte, neanche in Europa. Secondo me c’è invece il bisogno di una nuova ondata di questo genere, anche perché adesso non c’è, diciamo, una via di mezzo.

Nel progetto c’è sia Uhla che Gorka, che sono due rapper genovesi. Uhla mi è servito come collante. Gorka è stata una scelta un po’ dettata dal fatto che comunque sia mi rendo conto che se vuoi spingere questo tipo di musica in Italia non puoi partire solo da un estremo, ovvero essere completamente sudamericano. Penso che l’italiano in generale, o comunque chi ascolta la musica qua, ha bisogno di essere un po’ servito, quindi che ci sia un po’ anche l’italiano, una faccia che si riconosce, buttarla un po’ così, piano piano.

Chi sono gli artisti che ti hanno influenzato maggiormente? C’è qualche musicista genovese che ti è stato di ispirazione?

Partendo proprio dall’inizio sono sempre stato un grandissimo fan di Salmo e Guè Pequeno, gli unici che veramente mi sono ascoltato tanto e che penso mi abbiano dato un po’ un’impronta generale mia. Poi ovviamente penso di essermi fatto e di avere acquisito un mio stile.

A livello genovese Tedua ed Izi me li sono ascoltati abbastanza. Diciamo che non sono un loro fan accanito, però sicuramente mi hanno dato molto impatto, soprattutto vedendo due genovesi che sono riusciti ad arrivare ad un certo livello. Prima di loro non avrei mai pensato che qualcuno si sarebbe calcolato qualcuno di Genova, invece loro mi hanno dato la speranza di poterlo fare.

Secondo te, come mai a Genova non si è mai sviluppato il genere musicale sudamericano?

Secondo me perché, per quanto i sudamericani siano aperti, solari, festaioli, sono una comunità molto chiusa in se stessa che ha difficoltà a trovare spazio qua. Se vai già in America c’è molto più spazio, sarà che hanno un’altra visione delle cose, molta più gente ed è tutto più grande. Ma qua ha molta più difficoltà ad essere inglobata dagli italiani. All’inizio si sono chiusi molto tra di loro e allo stesso tempo non si sono inglobati, quindi anche a livello musicale sono stati anche un po’ denigrati. È un sound che non si è abituati ad ascoltare. Io lo vedo che se la proponi a dei ragazzi giovani di periferia è difficile che ascoltino musica latina, sia rap che salsa, bachata. Queste sonorità sono molto difficili da assimilare. Quindi c’è questa difficoltà qua, c’è troppo Sudamerica, c’è bisogno di rendere la cosa più omogenea. Secondo me è solo quello: la difficoltà di non essere compresi e quindi non volersi neanche esporre troppo. Cose che forse adesso con i social può essere più facile fare.

Pensi di essere la persona giusta per iniziare questo tipo di movimento?

Sì, mi piacerebbe essere un po’ la voce di apertura di ciò. Essendo comunque solo per metà sudamericano ed avendo anche allo stesso tempo io stesso denigrato queste cose, perché sì, all’inizio mi piacevano ma comunque me le ascoltavo in casa o con i miei compagni di classe sudamericani. Avendo anche avuto la cultura del rap di qua penso di poter avere la capacità di comprendere di cosa possa avere bisogno questa cultura per essere accettata da tutti. Avere la faccia giusta, gli argomenti giusti, inglobare queste sonorità piano piano.

Parlando di argomenti, di cosa trattano i tuoi testi?

Principalmente ho notato che ho questo modo di rappresentare le due sensazioni più grandi, l’amore e odio, basandoli sempre sulla mia introspezione, li tratto in maniera sempre molto personale. È difficile che vado ad argomentare pensando l’amore e l’odio da un punto di vista esterno. È tutto sempre molto personale. Aggiungerei anche un po’ di di malinconia: malinconia, amore e odio. C’è molto poco ego in quello che scrivo, se c’è è veramente raro, è difficile che dico “spacco e basta”. Preferisco parlare più di relazioni, attuali e passate, e di come sento queste emozioni, essere universale, far pensare alle persone che si trovano nella mia stessa situazione di essere considerate in quel modo, percepire l’amore in quel modo, l’odio in quel modo. Penso di essere molto forte in questo.

Pensi che l’utilizzo di parole spagnole all’interno dei tuoi testi aiuti a veicolare quello che vuoi trasmettere?

Sicuramente sì. Oltre alla sonorità delle basi e il mood delle canzoni, sta tutto proprio lì. Come vedo effettivamente nel movimento di rap arabo, in cui è molto usato lo slang, penso che sia fondamentale utilizzare lo spagnolo proprio per far capire meglio questo genere, soprattutto nel momento in cui, derivando dal latino, è molto simile all’italiano. Lo spagnolo è molto più percettibile, molto più diretto. Quindi lo si può comprendere e ritrovarcisi più facilmente, senza doversi andare a scervellare sul significato. Secondo me è fondamentale utilizzarlo: non sarebbe bello un domani magari fare una canzone tutta in spagnolo? Anche a livello di internazionalità per i sogni che ho e per l’obiettivo che ho secondo me è fondamentale. Comunque lo spagnolo è molto più internazionale rispetto ad altre lingue. Però come ti dicevo prima bisogna diluirlo nel tempo, assolutamente.

Sei soddisfatto del tuo percorso e di quello che hai fatto fino ad adesso?

Spero semplicemente che questo progetto vada in porto. Per intraprendere questa cosa sono riuscito per la prima volta a crearmi un team di lavoro. È sicuramente fondamentale per intraprendere un percorso del genere, nel momento storico che stiamo vivendo, avere delle persone che siano totalmente dedicate a questo. È sempre stato così però adesso per un ragazzo che vuole provare a intraprendere questo percorso è fondamentale che abbia delle figure a fianco che credano in lui e che lo aiutino a sviluppare il progetto. Da solo è molto difficile, quello sì, perché c’è veramente un sacco di di richiesta e i prezzi, rispetto a quando ho iniziato, sono molto più alti. Quindi intraprendere il percorso da ragazzo è molto più difficile, a scuola, con i social, restare attivo. Prima non c’era proprio questo.

E cosa ne pensi del ruolo dei social nella musica? Le due cose dovrebbero andare di pari passo?

(Il progetto) deve essere accompagnato, purtroppo sì. Penso che possa dare veramente un valore aggiunto alla musica in certi sensi. Ho notato che se magari ho una strofa prima era quasi inutilizzabile senza i social: o ci scrivevi una canzone o probabilmente la andavi a perdere. Ora magari con l’utilizzo dei social c’è molta più possibilità di fare freestyle anche da un minuto. Quindi per quello è bello ed è un valore aggiunto. Per tutto il resto si rischia di andarsi a perdere, è troppo vario, c’è troppa gente. Ti perdi quasi più a fare il contenuto piuttosto che pensare effettivamente alla musica. Però fatto nel modo giusto può essere utile. Sicuramente per noi che siamo di queste generazioni che siamo un po’ nell’intermezzo c’è chi fa soffrire questa cosa, ma comunque riesce ancora a percepire la realtà. Secondo me invece tanti ragazzini non se ne rendono conto perché si basano molto su quello. Quindi sì, deve essere utilizzato, purtroppo, perché sono amante della musica vera fatta bene. Purtroppo dobbiamo starci.

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FEATURING

Uhla (IG. @soyuhla)

Gorka (IG. @gorkavalero)

TEAM

Produzione sonora: Dab (IG. @dab.flp)

Direttore creativo: Fadel Ndiaye (IG. @qui_sommes)

Videomaker: Filippo Castagnola (IG. @shotbyfjlo) + Filippo Scalisi (IG. @scalippo.san) + Flavio Cancedda (IG. @flaviocancedda)

Fotografia: Michela Donato (IG. @micheladonato_)

Comunicazione social: Alessia Passantino (IG. @alessiapassantino) + Maddalena Favale (IG. @maddalenaafavale)

Ufficio stampa: Maddalena Favale (IG. @maddalenaafavale)

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Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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