I CAPOLAVORI DI MODIGLIANI IN MOSTRA A PALAZZO DUCALE

Di il 15 Marzo 2017

Amedeo Modigliani, e basta. Non il pittore maledetto incline all’acool e ai vizi, non l’artista scapestrato in continua peregrinazione tra Montmarte e Monparnasse e nemmeno il ritrattista che ricevette onori e fama soltanto dopo la morte. Il “Modì” che prenderà posto negli appartamenti del Doge con la grande mostra organizzata da Palazzo Ducale e MondoMostre Skira (16 marzo – 16 luglio), è solo un uomo spogliato dei suoi clichés. Un pittore italiano nato a Livorno, che decide di tentare la fortuna a Parigi, la Mecca per ogni artista all’inseguimento del successo. È il 1906 quando Modigliani si trasferisce nella capitale francese: sono gli anni delle grandi avanguardie, in cui dominano i colori brutali dei Fauves e danno scandalo Les Demoiselles d’Avignon di Picasso. Per lui, ancorato alla tradizione pittorica toscana di età rinascimentale e manierista, è un mondo da guardare rimanendone fuori, in cui non riesce a trovare la propria identità, se non volgendo lo sguardo altrove.

Il conte di Wielhorski (1917)

Ma a Parigi, a fare la differenza, sono soprattutto i suoi ritratti, considerati tra i più belli di tutto il Novecento. È da questo nucleo, dall’aspetto centrale della sua ricerca che parte la mostra di Palazzo Ducale: in esposizione si susseguono i sensuali profili dai colli lunghi, con gli occhi a mandorla socchiusi come fessure, appartenuti alle donne che più ha amato. Beatrice Hastings, giornalista inglese alla quale si legò per oltre due anni, Hanka Zborowska, moglie del suo mercante, l’amica Lunia Czechowska e la giovanissima compagna Jeanne Hébuterne, dalla quale avrà una figlia e che si suiciderà il giorno dopo la sua morte. Una predilezione per il ritratto che non è da ricercarsi in uno sterile virtuosismo, quanto piuttosto nella ricerca psicologica che Modigliani insegue sulla tela, rivelando una forte pittura introspettiva, vera cifra distintiva della sua poetica.

 

Tantissimi ritratti, dunque, che includono anche i protagonisti della vita culturale parigina d’inizio Novecento, come Moise Kisling e il gallerista George Chèron, per un totale di oltre sessanta opere, “che su circa trecento compiute in tutta la sua breve carriera, significa offrire al pubblico una rappresentanza più che significativa del suo operato”, commenta il coordinatore del comitato scientifico Rudy Chiappini.

 

 

Grande Nudo Disteso – Celine Howard (1918)

Importantissimi i prestiti provenienti dalle altre collezioni pubbliche e private, come “l Grandi Nudi” che da anni non lasciavano il Museo di Anversa. Quegli stessi nudi che nel 1917 la polizia costrinse a censurare ancora prima di aprire la mostra presso la Galleria Berthe Weill di Parigi. E basta guardare il sensualissimo Nudo Disteso (1918) per immaginare lo scalpore che dovettero destare esattamente 100 anni fa questi corpi sdraiati in totale abbandono, immobili nelle loro pose. Grandi figure allungate, dalla sensualità accentuata da pennellate dense e forti, ritmicamente interrotte per evidenziarne il valore plastico.

E poi, ovviamente, il passaggio alla scultura, di cui, nella mostra, sono testimoni i disegni preparatori di teste e cariatidi. Un’opportunità per ammirare anche gli studi, i disegni, gli acquerelli che si celano dietro alle sculture di donne accovacciate con le braccia sollevate, dalle forme opulenti e tondeggianti ricche di rimandi all’arte primitiva, negra e greca.
Con questa mostra, che anticipa la grande esposizione su Picasso in collaborazione con il Museo di Parigi in arrivo in autunno, Palazzo Ducale e la città di Genova proseguono su quel percorso di trasformazione, iniziato oltre vent’anni fa, da città industriale a polo creativo, imponendosi con fermezza nel panorama culturale italiano.

 


INFO
Modigliani, 16 marzo-16 luglio 2017
Palazzo Ducale, Piazza Matteotti 9
Da lunedì a domenica 9.30/19.30
Venerdì 9.30/22.00

Biglietti Intero 13,00 € / Ridotto 11,00 €
Infoline e Prenotazioni 010 9280010
Approfondimenti su : http://www.modiglianigenova.it

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Su Redazione

Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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