Andrea Chénier. Giordano: passione rivoluzionaria alla prima del Carlo Felice

Di il 7 Febbraio 2025

di Francesca Lituania

GENOVA – Andrea Chénier è un’opera complessa sotto molteplici aspetti: la gestione delle masse sul palco durante la madre di tutte le rivoluzioni è una vera e propria sfida alla regia, la partitura potente di Umberto Giornano ricca di passione e nel contempo delicata richiede un’attenta direzione, i personaggi principali sono impegnativi sia a livello interpretativo, la caratterizzazione di Illica così evocativa e teatrale non facilita il compito, sia dal punto di vista vocale, la trama è copiosa di personaggi e temi profondi, in cui si intrecciano amore, politica, giustizia, morte e libertà: una collana di molteplici cammei difficili da incastrare senza scendere nella retorica e perdere il ritmo narrativo (foto in copertina di Barbara Gattorna).

La rappresentazione andata in scena ieri sera al teatro Carlo Felice segue i tempi e i modi del libretto aprendosi con un “capriccio” settecentesco: la cornice dorata interrotta ai cui piedi si intravedono alcune rovine di mobilio, presagio della rivoluzione, e i colori pastello dei costumi scuriti agli orli di fuliggine, cristallizzano un mondo che sta per finire. Le gavotte, Il tema pastorale del coro e la danza arcadica di fauno e ninfe vengono brutalmente interrotte dal popolo in rivolta chiudendo il quadro con i passi di ballo stentati della incredula contessa di Coigny (Siranush Khachatryan) davanti all’incendio del fondale. Il secondo quadro ci porta dentro la rivoluzione in pieno Terrore con il popolo che diventa aguzzino dell’oppressore di un tempo: vediamo Incredibili e Meravigliose a concerto, sfilate dei cittadini più eminenti, inni a Robespierre, il tutto sullo sfondo di un palazzo che viene saccheggiato e la nobiltà uccisa e violentata: l’impatto è forte, i colori sono cupi salvo per gli abiti delle Meravigliose, le bandiere tricolori e i berretti baschi; il fumo degli incendi attraversa parte della scena contribuendo all’immagine apocalittica che culmina nel fermo immagine del ferimento di Gérard dove i gesti e le luci fredde di taglio riportano alla memoria La libertà che guida il popolo di Delacroix, fermo immagine che verrà ripetuto nelle scene e quadri seguenti come il terzo, dove ascoltiamo la carmagnola a riprova di quella aderenza alla  alla verità storica (del resto Chénier è un poeta realmente esistito) che trascina, insieme alla definizione psicologica dei personaggi di cui le arie Nemico della Patria!? e La mamma morta sono esempio, e alla cruda analisi della realtà sottolineata dall’uso del parlato, quest’opera dal melodramma romantico al verismo di linguaggio e di immediatezza emotiva sulla strada iniziata da Verdi, proseguita da Mascagni e Leoncavallo ispiratori di Giordano che a sua volta influenzerà Cilea e Puccini.

L’ultimo quadro si svolge in una prigione in mattoni sullo sfondo di una desolazione di edifici distrutti dal furore della rivolta fasciati da un fumo bianco che potrebbe accennare alla rivoluzione industriale dell’epoca di Giordano: nonostante la tensione drammatica non sia al culmine come dovrebbe, il duetto tra Maddalena (Maria Josè Siri) e Chenier è perfetto dal punto di vista tecnico. Applausi a scena aperta prolungati per il bravissimo Amartuvshin Enkhbat nel ruolo di Gérard e per Fabio Sartori un sempre più coinvolgente Andrea Chénier. La regia di Pier Francesco Maestrini, seguendo i diktat di Giordano e Illica, riesce ad avere una buona gestione del numero di presenze sul palco mentre le scene di Nicolàs Boni, considerabili a volte di forte impatto, rendono onore al verismo in ogni quadro. Applausi sentiti anche per il maestro concertatore Donato Renzetti, esecuzione musicale perfetta.

Le repliche di  Andrea Chénier  al Teatro Carlo Felice si terranno 

domenica 09 Febbraio (ore 15), 

mercoledì 12 Febbraio (ore 20), 

sabato 15 Febbraio (ore 15).

Info e biglietti:

www.operacarlofelicegenova.it

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