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ALESSANDRO BIANCHI ED ENRIQUE BALBONTIN DE “I PIRATI DEI CARUGGI” CI SVELANO LA LORO “BASYLICON VALLEY”
Il gruppo di comici genovesi si esibirà con il loro nuovo spettacolo martedì 30 luglio all’Arena del Mare nell’ambito di “Ridere d’agosto ma anche prima”
GENOVA – Nell’ambito di “Ridere d’agosto ma anche prima“, torna l’irriverenza e la comicità tutta al genovese de I Pirati dei Caruggi con il loro nuovo spettacolo “Basylicon Valley“. L’appuntamento è per martedì 30 luglio all’Arena del Mare del Porto Antico di Genova. A pochi giorni dalla performance, Goa Magazine ha intervistato Alessandro Bianchi e Enrique Balbontin: i due mebri del gruppo ci hanno raccontato lo spettacolo e parlato del loro legame profondo con Genova, oltre che a svelarci i progetti futuri e i sogni nel cassetto.
Potete raccontarci da dove nasce l’idea di “Basylicon Valley” e cosa deve aspettarsi il pubblico? Ci sono temi o messaggi specifici che desiderate trasmettere attraverso questo spettacolo?
AB: “Basylicon Valley” si ispira a quella che è la Sylicon Valley californiana che è il centro delle grandi idee e dove viene sviluppato il futuro, solo che nella “Basylicon Valley” prende forma il passato. Il pubblico deve aspettarsi la nostra irriverenza verso tutto ciò che ci circonda, in particolar modo un punto d’osservazione privilegiato sul disagio in Liguria e sulla difficoltà di vivere in una regione un po’ arretrata e raggiungibile con molta fatica. Non mancherà anche la nostra voglia di divertirci, di stare insieme e di scherzare su tutto. L’unico modo per sopravvivere è quello di prendere la vita con ironia e scherzare su quello che in realtà quotidianamente ci fa soffrire.
EB: Il pubblico deve aspettarsi il peggio come al solito. Lo spettacolo nasce innanzitutto da un gioco di parole, però poi in realtà si agganciava perfettamente alla situazione del nostro momento politico e agli scandali minori, tipo il mortaio sul Tamigli. Questa Basylicon Valley vuole essere una specie di emanazione, ovviamente virtuale, con la quale faremo una satira anche più di costume e politica. In tutto ciò, ci saranno un’altra serie di cose nuove. Il messagio specifico è quello di ridere, di staccare la testa dalla propria quotidiniatità e dalle cose preoccupanti che ci circondano.
Come funziona la dinamica di lavoro all’interno del gruppo? Avete un processo particolare per creare i vostri spettacoli?
AB: La chiave è vedersi e stare insieme, perché stando insieme escono le quattro personalità diverse, che secondo me se fossimo nella commedia dell’arte sarebbero: il punk, il teppista, il giudice e il ragioniere; sta a voi decidere chi di noi è cosa. Mi reputo estremamente fortunato ad essere spettatore costante di questi personaggi che sono i miei colleghi, che trovo unici e geniali. La metodologia di lavoro è quindi quella di stare insieme e segnare tutto quello che succede, poi si va a scavare nel materiale che è nato nel tempo e spesso esce quella cosa che decidiamo di sviluppare. Spesso è una cosa corale.
EB: In realtà no, essendo soprattutto anche amici da tantissimi anni molte cose nascono per gioco e poi prendono una forma. Abbiamo ognuno delle specifiche e cerchiamo di integrarci. Il comico poi è una specie di filtro, filtriamo la realtà e la ridiamo come se dessimo delle lenti colorati e facessimo vedere le cose con quella luce. Poi deve far ridere noi, e noi non siamo facili da far ridere.
Voi, insieme agli altri Pirati, siete esperti di “foresti” e i vostri spettacoli sono spesso incentrati su di loro: si è mai offeso qualcuno?
AB: No, perché siamo vigliacchi e non andiamo a fare l’accoglienza ligure a Milano (ride). In realtà era uno sketch nato a Colorado ed era di fruizione nazionale, nessuno mai si è offeso perché l’ironia è ben tracciata. Gli unici che potrebbero offendersi ma non lo dicono sono i gestori di ristoranti o alberghi liguri.
EB: Immagino che qualcuno si sia offeso, ma devo dire che noto che sempre più spesso vengono foresti a vedere i nostri spettacoli, quindi non solo vengono nella nostra regione a farsi trattare male ma spendono anche dei soldi per farsi prendere in giro, andiamo oltre al masochismo. C’e da dire però che siamo anche dei comici nazionali e abbiamo sketch che non sono incentrati sulla Liguria. Tra l’altro moltissimi foresti ci capiscono perfettamente perché la vivono dall’altra parte. La nostra poi in realtà è una satira sociale perché non va bene che siamo così.
Che rapporto avete con Genova e come questa ha influenzato, se l’ha fatto, la vostra carriera e il vostro stile comico?
AB: Genova io penso che mi abbia chiamato da Parma. Io ho sentito una forte attrazione verso questa città. Sono venuto a fare la scuola dello Stabile perché c’era quella che tutt’ora è una delle più importanti scuole di recitazione, ho fatto il provino, sono stato preso, sono rimasto e mi sono innamorato di questa città. Sono arrivato a fine settembre del 92: c’era appena stata l’alluvione e ho visto questa città ferita in una giornata strepitosa e c’era questo ossimoro evidente della bellezza e della ferita. Se non fossi rimasto non avrei avuto l’esperienza dei Cavalli Marci che sono stati la mia università e non avrei avuto un maestro, non avrei incontrato le persone che ho incontrato e non avrei fondato insieme agli altri I Pirati del Caruggi. Genova mi ha dato proprio un’impronta comica e mi ha permesso di sviluppare il mio stile unico.
EB: Io devo tutto a Genova. Nei vicoli dove ho fatto l’avvocato ho trovato un mondo e una palestra umana pazzesca, ho attinto a piene mani da tutto ciò che vedevo. Genova ha anche un grande umorismo, molto vicino a quello inglese, ovvero tagliente, sarcastico e anche molto autoironico. Io poi devo trasferire delle emozioni: una battuta può essere anche un pugno in pancia, mi va bene anche un’indignazione, l’importante è che non rimanga nel nulla.
Qual è stato il momento più memorabile o divertente che avete vissuto durante una performance con I Pirati dei Caruggi?
AB: In ogni data dei Pirati dei Caruggi sentiamo la gente che ci ama e che ci viene a guardare per condividere con gli amici l’esperienza di essere venuti a vederci. Devo dire che con loro c’è un rapporto durata/risate altissimo, si ride in continuazione.
EB: Forse una volta che eravamo tutti un po’ ubriachi e sul palco non ci ricordavamo il pezzo, allora io ho iniziato a fare uno scherzo di scena improvvisato ai miei colleghi e per me è stato un momento memorabile, anche perché la gente l’ha capito e hanno iniziato a ridere anche loro come dei forsennati.
Come vedete il futuro della scuola comica genovese?
AB: Credo che continuerà a produrre talenti. Non so il motivo, forse è nell’acqua o nella contaminazione anglossassone del passato, perché a livello nazionale credo che quella genovese sia la comicità che si avvicina di più a quella anglossassone e secondo me continuerà a produrre talenti.
EB: Può darsi che mi sia perso qualche pezzo, ma devo dire che al momento vedo che purtroppo in molti casi ci copiano, non c’è grande originalità. Non sono però preoccupato, perché credo che Genova sfornerà sempre artisti.
A proposito di futuro, ci sono nuovi progetti in cantiere per I Pirati dei Caruggi?
AB: Stiamo lavorando a nuove proposte per la Gialappa che vedremo i primi di settembre, quindi speriamo di essere ancora nella lista dei loro preferiti (ride). Non disdegnamo poi il lavoro per i social, che è la nuova televisione.
EB: Certo, sono già alle porte: riprenderemo in autunno con la Gialappa’s Band. Noi poi abbiamo l’idea di fare una specie di remake del “Truman Show”, solo che sarebbe il “Tourist Show”, cioè un turista che viene perseguitato da una regia di cui lui è all’oscuro e che fa di tutto per rovinargli la vacanza. Questo però è un progetto molto ambizioso e che potrebbe rimanere nel cassetto perché ci vogliono tanti soldi per fare una cosa del genere e ci vorrebbe qualche “pazzo” che li tiri fuori (ride).
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