Akropolis, prosegue “Testimonianze ricerca azioni” con una giornata dedicata alla danza Butoh

Di il 9 Novembre 2018
Hiroyasu Daido

GENOVA – La terza giornata di “Testimonianze ricerca azioni”, nona edizione del festival ideato da Teatro Akropolis con la direzione artistica di Clemente Tafuri e David Beronio, va in scena sabato 10 novembre a Palazzo Ducale (piazza Matteotti), con un programma interamente dedicato alla danza Butoh, realizzato in collaborazione con Samantha Marenzi e Alessandra Cristiani: tre spettacoli, un incontro e una mostra.

 

Clorofilla, Alessandra Cristiani. Credit Daniele Vita

Si tratta di un evento unico nel panorama nazionale, un’alternanza di performance e riflessione che mette a confronto i maestri e le ultime generazioni di performer. Le esibizioni hanno come protagonisti: Imre Thormann con Enduring Freedom (doppio appuntamento alle 15 e alle 22 nella sala del Minor Consiglio), Alessandra Cristiani con Clorofilla (ore 18, sala del Maggior Consiglio, in foto) e Masaki Iwana (in foto di copertina) con Vie de Ladyboy Iavn Ilitch (ore 21, sala del Maggior Consiglio). Alle ore 16 nella Sala Liguria si tiene l’incontro La danza Butoh. Dai maestri alle nuove generazioni di performer, con Samantha Marenzi, Matteo Casari ed Elena Cervellati, seguito alle 19 nello Spazio Aperto dall’inaugurazione della mostra fotografica I corpi del Butoh. Fotografie di danza tra Oriente e Occidente, in cui espongono Alberto Canu, Emilio D’Itri e Samantha Marenzi, quest’ultima anche curatrice. La mostra è realizzata da Officine Fotografiche di Roma. L’evento è ospitato e sostenuto da Palazzo Ducale – Fondazione per la Cultura. Teatro Akropolis e Palazzo Ducale collaboreranno, nelle due successive edizioni di Testimonianze ricerca azioni, a ulteriori giornate di spettacolo e approfondimento sul Butoh.

 

La danza Butoh è una disciplina totalizzante in cui arte e vita si fondono. Non contempla norme, se non il coraggio di guardare negli occhi il mistero e rappresentarlo esponendo il proprio corpo – spesso nudo – allo sguardo degli altri. È la vita che osa vivere la morte. L’oscurità dell’animo e della natura è esplorata ora con potenza e ora con delicatezza, evitando solo la coperta rassicurante della razionalità. Il Butoh, fondato in Giappone intorno al 1950, è una delle espressioni più radicali di rappresentazione che spinge il danzatore-performer più lontano, verso uno dei confini estremi del lavoro sul corpo nell’azione fisica. Una forma d’arte che ha ispirato artisti di tutto il mondo. Mostra l’essenza, quel che rimane quando si elimina il superfluo, entrando in dialogo con le zone più profonde di se stessi. Nel corso della terza giornata del festival se ne possono osservare tre stili diversi. Imre Thormann è allievo diretto di uno dei padri del Butoh, Kazuo Ohno. Enduring Freedom, la sua ultima creazione, è una specie di ritorno alle radici della spinta creativa. Alessandra Cristiani, allieva di Masaki Iwana ed esponente del Ankoku Butoh, in Clorofilla parte dai versi di Marcello Sambati per ritrovare la sacralità della natura e sondare il proprio paesaggio interiore, cioè “la dimensione spaziale interna al corpo che si nutre costantemente dell’apporto di elementi esterni e interni”. Masaki Iwana è uno dei maestri Butoh più importanti al mondo. In Vie de Ladyboy Ivan Ilitch conduce lo spettatore nel cuore di un declino spietato e dolce, convinto che “un danzatore Butoh deve esporsi completamente all’oscurità della propria esistenza e che tale esposizione dovrebbe essere così completa da avvenire sotto un sole bianco, una luce perfettamente pura e limpida”.

 

(C.S.)

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