Scomparsa di Dario Fo: il ricordo del teatro dell’Arca

Di il 13 Ottobre 2016

Dario Fo ha fatto visita al Teatro dell’Arca, il 6 novembre 2013, quando i lavori procedevano a rilento e mancavano i fondi per terminare il progetto. Oggi per la prima volta quel teatro si apre al pubblico esterno, che vedrà gli spettacoli della terza rassegna nazionale teatro in carcere “Destini incrociati”, insieme al pubblico di detenuti a Marassi, dentro le cui mura è sorta la nuova sala.

Allora, quando ci entrò Fo, sul pavimento c’era ancora la gettata di cemento. Lui, chiamato per sostenere il progetto, è arrivato. Dolcevita, basco, sciarpa bianca e occhiali, ha parlato ai detenuti come uno di loro. “Ho avuto l’onore – ha detto – di essere stato un giorno, una notte e un altro giorno in galera. In quel poco tempo ho capito cos’è la voglia di ridurre a bestie gli esseri umani. Si riferiva a un episodio accaduto a Sassari nel novembre del 1973, quando era in tournée con Franca Rame. Portavano in scena due spettacoli che avevano fatto scandalo, “Guerra di popolo in Cile” e “Mistero buffo”. La polizia aveva preteso di entrare in teatro senza mandato e Fo aveva finito per essere arrestato con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. Venne poi rilasciato, ma l’episodio rimane nella sua biografia di teatrante scomodo e combattente, pronto per essere ricordato proprio di fronte a una platea di detenuti. Che infatti lo applaudono, lo vogliono salutare e lo fanno come con un amico. In quel periodo, proprio perché il teatro era lontano dall’essere finito, l’associazione Teatro Necessario che stava realizzando il progetto aveva lanciato la campagna “Adotta una perlina”. La perlina è un rettangolo di legno, una doga a incastro, con cui è fatta la struttura del Teatro dell’Arca. Fo ne prese una e si mette a disegnarci sopra con un pennarello nero. Disegna una scena di detenzione scrivendo a fianco: “Libertà, per favore!”. Poi suggerisce ai detenuti di leggere “Se questo è un uomo” di Primo Levi e “I quaderni dal carcere” di Antonio Gramsci. Mentre parla, a un certo punto si interrompe, come se avesse sentito qualcosa di strano. E’ che la voce rimbomba. Prima di salutare tutti, dà un consiglio tecnico sui come evitare quell’effetto storto e se ne va davanti a una standing ovation, tra abbracci e strette di mano, dopo avere lasciato il regalo non solo la perlina autografata e altri disegni, ma un libro della sua amata Franca, “In fuga dal Senato”.

C. S.

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