Il flashback di Violetta: La Traviata di Giorgo Gallione tra “Amore e Morte”. La recensione

Di il 14 Gennaio 2025

di Francesca Lituania

GENOVA – Il Dottor Grenvil apre il sipario sulla prima de La traviata di Giuseppe Verdi andata in scena domenica sera al Carlo Felice. La narrazione inizia dalla morte di Violetta: scivoliamo sul  pavimento di vetro incrinato da cui emerge un albero vizzo e niveo risplendente di luce e di cristalli, metafora della vita che non vuole finire, ritrovandoci spettatori del flashback di morte della protagonista, nel preludio del primo atto danzato da tre figure nello stesso abito bianco indossato da lei ma venato di rosso, la prima delle allucinazioni della Traviata. La malattia è il ritorno di suono costante per l’intero svolgimento dell’opera, dal direttore e maestro concertatore Renato Palumbo non vengono risparmiati a Violetta colpi di tosse, abbassamenti e apparenti mancamenti della voce: realistica come la volle Verdi, come lo era stata Margherita per Dumas nei panni di Alphonsine Plessis. Tutta la scenografia e i costumi giocano sul bianco il nero e il rosso, il primo per Violetta (che spesso le luci tingono di sangue), il secondo per la morte e la borghesia superficiale, benpensante ma licenziosa e l’ultimo a rappresentare sangue e amore: “Amore e Morte”, il nome che Verdi voleva dare in origine alla sua opera.

Il secondo atto è costellato di innumerevoli pomi rossi, un Eden illusorio, quelli contenuti in sacchi neri cadono sotto i colpi che vengono imposti da Germont a Violetta e Alfredo, rossi e neri Zingarelle e Mattadori, feroci e lascivi nelle loro danze, a tratti demoniaci. Il terzo atto ritroverà la Traviata distesa sul pavimento affianco all’albero abbattuto al suolo con le luci quasi spente, una scena riflessa sul soffitto a specchio, integro, vicina alla liberazione del male, alla fine del vaneggiamento e del ricordo. Il carnevale con il suo baccanale impazza ed entra nella stanza di Violetta sotto forma di scheletri con il cilindro e uccelli simili a medici della peste: l’effimero che incontra la realtà e se ne vuole burlare risultando grottesco.

Giorgio Gallione (regia) e Guido Fiorato (scene e costumi) hanno dato vita ad una rappresentazione cruda attraverso i vaneggiamenti in abiti anni 20 di una moribonda ma restituendo il realismo dei sentimenti umani, la Violetta del direttore e concertatore Renato Palumbo è indipendente, fragile, realista e sognatrice, la cui onestà morale che non ha nulla della grisette, non la salverà dalla condanna del mondo borghese: è la “La Dame Aux camelias” di Alexandre Dumas. Questa produzione dell’Opera Carlo Felice, riallestimento delle precedenti edizioni 2016 e 2018, vede come interpreti principali Carolina Lopez Moreno nei panni di Violetta, bravissima nella parte, coinvolgente nel canto e nella recitazione sia gestuale che parlata, Francesco Meli (Alfredo Germont) che conferma la sua bravura come interprete verdiano e la sua posizione tra i primi dieci tenori in attività e Roberto Frontali nei panni di Giorgio Germont il cui “Di provenza il mar, il suol” ha strappato sentiti applausi a scena aperta come le interpretazioni di Moreno e Meli, applausi anche per il corpo di ballo e il coro.

Certamente è una Traviata che non ci si aspetta, lontana dalle rappresentazioni classiche di gusto ottocentesco o traslate in epoche più moderne ma quasi sempre “prudenti” nella sceneggiatura: se Giuseppe Verdi diede un taglio così netto al melodramma dell’epoca con questa ultima opera della trilogia popolare aprendo le porte del belcanto all’intimità, all’introspezione e alla psicologia, tanto da ispirare Puccini, Mascagni e Boito, è l’opera giusta per la sperimentazione, per un modo differente di rappresentare il sentire umano attraverso una sorta di “sonno della ragione”.

La Traviata di Giuseppe Verdi 

in scena presso il teatro dell’opera Carlo Felice 

martedì 14 gennaio 20.00

mercoledì 15 gennaio 20:00

giovedì 16 gennaio 20:00

venerdì 17 gennaio 20 00

sabato 18 gennaio15:00

domenica 19 gennaio 15:00biglietteria@carlofelice.it

Su Redazione

Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela Biagini

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