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OLTRE LO SCHERMO: GENOVA RIASSAPORA IL PIACERE DELLE PICCOLE SALE CINEMA DI QUARTIERE. IL REPORTAGE
Viaggio nei cinema locali che, soprattutto dopo gli anni della pandemia, rivivono come spazi di cultura e comunità. Nell’articolo, intervista ad Alessandro Giacobbe, presidente di Alesbet Srl/Circuito: «Pandemia spartiacque, ha riacceso il desiderio di condivisione»
di Alessia Spinola
GENOVA – In un’epoca dominata dai servizi di streaming e dalle multisale asettiche, si sta riscoprendo il calore di un’esperienza che sembrava perduta: quella del cinema come spazio di comunità. La recente riapertura del cinema San Pietro di Quinto , ottenuta grazie ad una petizione firmata dai residenti della zona, è solo l’ultimo esempio di come stiano riprendendo piede i cinema di quartiere, luoghi in cui non si va solo per vedere un film, ma per piangere, ridere o anche arrabbiarsi in compagnia. In queste sale si scopre il piacere di condividere emozioni e, anche grazie alle attività collaterali spesso organizzate, cultura e società tornano protagoniste. A confermare tutto ciò ci sono i numeri: negli ultimi due anni sono più di 300 mila gli spettatori che hanno frequentato le sale di Circuito a Genova, raggiungendo circa 320 mila presenze nel 2023. E si prospetta di ottenere un risultato simile anche quest’anno.
Dopo il periodo di chiusura forzata dei cinema e degli spazi di socializzazione durante la pandemia COVID-19, la gente parrebbe aver sviluppato una sorta di allergia ai televisori della propria abitazione e alle multisale di grosse aziende che non offrono altro della visione stessa del film, riscoprendo invece il fascino dei “vecchi” cinema, quelli del quartiere, che si differenziano per una programmazione più accurata e fatta su misura, per un’accoglienza più umana nei confronti del pubblico e, tra le altre cose, per la propria missione culturale. Spesso, infatti, in questi cinema vengono organizzati eventi in cui gli spettatori possono dialogare con un regista, con uno sceneggiatore o con un protagonista di una determinata pellicola, facendo così vivere un’esperienza a 360° e trasformando la sala in uno spazio di dialogo e confronto. Non si tratta quindi solo di andare a vedere un film, è molto di più.
Per questo reportage, dedicato al diverso approccio che si sta sviluppando verso le sale cinematografiche, Goa Magazine ha dialogato con Alessandro Giacobbe, presidente di Alesbet Srl/Circuito.
Partiamo dai dati di Circuito dell’ultimo biennio: si è registrato un aumento dell’affluenza?
Come è noto, c’è stato il problema pandemia che ha ridimensionato di molto l’attività cinematografica, addirittura con periodi di chiusura abbastanza prolungati tra il 2020 e il 2021. Poi la ripresa ha iniziato a esserci nel 2022 e direi che nel 2023-2024 possiamo registrare un incremento delle presenze che le ha portate a essere di nuovo ai livelli precedenti al Covid. In via di massima, negli ultimi due anni, più di 300 mila spettatori hanno frequentato le nostre sale del Circuito, raggiungendo circa 320 mila presenze nel 2023. Contiamo di ottenere un risultato simile anche quest’anno. Poi la stagione cinematografica è sempre dettata dai titoli, per cui ci sono annate in cui ci sono titoli più importanti e che riscuotono maggior successo, c’è l’anno in cui questi titoli sono meno frequenti, quindi le fluttuazioni non sono solo dovute all’abitudine del pubblico, quanto anche all’offerta del prodotto, che può variare ovviamente da un anno all’altro. Sostanzialmente, il discorso è che il pubblico è tornato al cinema, così come precedentemente alla pandemia: ha riacquistato l’abitudine a vedere i film in sala, in compagnia, nel buio della sala e sul grande schermo, dopo l’indigestione che c’è stata, ovviamente quando i cinema erano chiusi, di piattaforme e film in tv, cosa che ancora oggi c’è, però non è in antitesi allo spettacolo cinematografico, ma semmai ne è un complemento.
Ad oggi, secondo lei, si sta assistendo a un ritorno dei “vecchi cinema” a discapito delle multisale?
Direi che non si tratta di penalizzare una categoria rispetto a un’altra. Ritengo che, soprattutto nelle grandi e medie città, sia importante considerare il ruolo delle sale nel centro storico, come accade a Genova. Queste sale svolgono una funzione fondamentale, contribuendo a evitare la completa desertificazione della città vecchia, un fenomeno che in parte abbiamo già vissuto. Basti pensare alle numerose sale che un tempo animavano via XX Settembre e che sono state chiuse una dopo l’altra, sostituite da esercizi commerciali e grandi catene, principalmente per ragioni economiche. Gli affitti in una strada dedicata allo shopping cittadino erano insostenibili per un’attività come quella cinematografica. Riuscire a recuperare e salvare, nel corso degli anni, le storiche sale di Genova, che vantano una tradizione che va dal secolo scorso fino a oggi, è un risultato importante. Questo non solo migliora la qualità della vita in città, ma genera anche un indotto positivo. Un cinema aperto crea movimento: attorno a uno spettacolo cinematografico si attivano ristoranti, pizzerie, bar, favorendo le attività commerciali limitrofe. A differenza delle multisale, situate spesso all’interno di grandi centri commerciali periferici e concepite come parte del loro intrattenimento, le nostre sale hanno una funzione diversa. Offrono una proposta culturale distintiva rispetto ai contenuti più commerciali tipici delle multisale, arricchendo così il panorama cittadino.
Spesso infatti nella vostre sale ci sono prodotti un po’ più di nicchia o film che vengono riproiettati dopo anni dalla loro uscita.
La nostra attività si distingue per l’identità culturale che vogliamo darle, rientrando in un progetto più ampio. Non ci limitiamo a offrire un momento di svago ai cittadini, ma proponiamo anche attività collaterali che arricchiscono l’esperienza cinematografica. Tra queste, ci sono incontri con gli autori, dibattiti dopo la proiezione e interventi di esperti che approfondiscono le tematiche trattate dai film. Un aspetto fondamentale del nostro lavoro è la collaborazione con le scuole: ogni anno portiamo decine di migliaia di ragazzi al cinema nelle mattinate. Tutto questo si affianca al tradizionale servizio di proiezione, differenziandosi dall’approccio delle multisale, che puntano prevalentemente su un’offerta commerciale focalizzata sulla vendita di popcorn e bibite. Nelle nostre sale, pur avendo un piccolo servizio di ristorazione, il nostro obiettivo principale rimane quello di offrire un’esperienza culturale, riconosciuta anche a livello cittadino grazie alle collaborazioni di lunga data con realtà come Palazzo Ducale e il Teatro Nazionale. Ci sentiamo parte integrante del panorama culturale genovese, contribuendo con una rete di relazioni che valorizza la cultura cinematografica. Quest’ultima non è meno importante di quella teatrale, e da anni lavoriamo per promuoverla attraverso una programmazione alternativa. Questo non significa escludere i film di grande successo del momento, ma integrarli con proposte che vanno oltre, arricchendo così l’offerta culturale della città.
A suo parere, a cosa è dovuto il diverso approccio che le persone stanno sviluppando nel concepire la sala cinematografica? Pensa che il Covid abbia fatto riscoprire il piacere di guardare un film u un maxi schermo?
Il piacere del cinema, a mio avviso, non è mai mancato. Mi occupo di questo settore da molti anni, e anche durante il periodo del Covid, nonostante la forzatura negativa che ci ha impedito fisicamente di frequentare le sale, la passione per il cinema è rimasta viva. Durante quei lunghi mesi di isolamento, in cui la socialità non era consentita, si è verificato un vero e proprio digiuno di condivisione. Questo ha certamente stimolato una rinnovata voglia di tornare non solo al cinema, ma anche a teatro, che oggi vediamo sempre pieno. C’è stato senza dubbio un ritorno al desiderio di condividere momenti di svago, che erano stati negati tra il 2020 e il 2021. Va detto che già prima della pandemia c’era un buon afflusso di spettatori nelle sale, segno che il cinema è sempre stato percepito come un’occasione speciale. Non si tratta solo di vedere un film, che si potrebbe guardare anche a casa qualche mese dopo, è l’atto stesso di uscire, di stare con gli amici e di condividere le emozioni che rende l’esperienza unica. Le emozioni vissute in sala sono diverse: si ride insieme, ci si commuove insieme. L’ambiente della sala buia, il grande schermo, creano un’atmosfera che non sono quelle del salotto di casa.
Questa inversione di tendenza è un fenomeno specificatamente locale oppure si sta verificando anche in altre realtà metropolitane?
Negli ultimi due anni, si è registrata una buona ripresa del cinema in tutte le grandi città italiane, ma anche nelle province. Il ritorno al cinema dopo il periodo del Covid è stato un fenomeno condiviso da molte realtà cittadine. Inoltre, c’è stata una maggiore consapevolezza, soprattutto da parte dei gestori delle sale, sull’importanza di offrire non solo la proiezione di film, ma anche attività collaterali. Come accennavo prima, si è lavorato molto su questi aspetti, e anche gli interpreti, in particolare del cinema italiano, si sono mostrati più disponibili a incontrare il pubblico rispetto al passato. Questo elemento ha caratterizzato non solo la nostra attività a Genova, ma anche quella di altre grandi città, dove invitare registi o cast di film italiani è diventato una pratica più frequente. Ogni volta che accogliamo un ospite nelle nostre sale, i biglietti vanno a ruba in pochi giorni, proprio perché è considerato un evento irrinunciabile. Vedere un film e poi discuterne direttamente con il regista o gli interpreti rappresenta un valore aggiunto significativo, che stimola la partecipazione del pubblico.
È il cittadino a chiedere il ritorno del cinema di quartiere, come nel caso della petizione per riapertura del cinema di Quinto?
A Quinto si è verificato un fenomeno particolare: di fronte alla presunta minaccia di chiusura del cinema San Pietro, che in realtà non è mai stata concreta, il quartiere ha dimostrato un’affezione ammirevole. La raccolta firme avviata dai residenti, pur basandosi su voci allarmistiche, ha messo in evidenza il forte legame dei Quintesi con il loro cinema di quartiere. Non c’è mai stata una reale intenzione di chiudere il cinema, era stata avviata soltanto un’indagine immobiliare per motivi di bilancio, senza mai considerare seriamente l’idea di privare il quartiere del cinema. Certo, ci sono state mire da parte di qualche privato, ma non sono mai state prese in considerazione. Nonostante ciò, la mobilitazione popolare è stata utile per sottolineare quanto i cinema di quartiere siano ancora fondamentali per la comunità. Il fatto di essere riusciti a riaprire il cinema in tempi breve, nonostante le difficoltà legate al degrado generale in cui versava, è stato un successo importante. Ci sono ancora dei miglioramenti da fare e abbiamo pianificato per la prossima estate interventi che renderanno il cinema ancora più confortevole.
Cosa distingue le piccole sale dalle multisale? Qual è l’elemento che le contraddistingue e gli da unicità?
Oltre a una programmazione più accurata, “su misura”, come direbbero gli inglesi “tailor-made“, le nostre sale, pur essendo un po’ dislocate l’una dall’altra, presentano caratteristiche uniche che curiamo con grande attenzione. Questa cura si riflette anche nelle diverse tipologie di pubblico che frequentano le sale: alcune sono preferite da un pubblico più anziano, altre da un pubblico più giovane. Per rispondere a queste differenze, differenziamo gli orari in base alle abitudini dei frequentatori e offriamo un’accoglienza più umana e personale, molto diversa dall’approccio spesso automatico dei multiplex. Le nostre sale offrono un ambiente dove il pubblico è più coccolato che nei grossi centri.
Dopo il cinema San Pietro, Circuito riaprirà e gestirà altri cinema?
Direi che al momento, con sette sale, siamo abbastanza saturi, quindi non sono previste altre operazioni. Anche perché gli spazi che potrebbero essere idonei sono più o meno tutti quelli attualmente in attività, e non mi sembra che ci siano altre situazioni in cui si rischi un abbandono o sia possibile una riapertura. Non abbiamo progetti a breve scadenza.
Leggi l’editoriale del direttore Tomaso Torre: https://www.goamagazine.it/bentornato-vecchio-cinema-le-piccole-sale-tornano-protagoniste-nel-periodo-delle-festivita/
Su Redazione
Il direttore responsabile di GOA Magazine è Tomaso Torre. La redazione è composta da Alessia Spinola. Il progetto grafico è affidato a Matteo Palmieri e a Massimiliano Bozzano. La produzione e il coordinamento sono a cura di Manuela BiaginiMessaggi correlati
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